Capitolo 4: Geologia degli acquiferi

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Geologia degli acquiferi

Traduzione: Stefania Stevenazzi (Italy)
Revisione: Anonimo

4.1 Litologia, stratigrafia e strutture

La natura e la distribuzione di acquiferi ed acquitardi in un sistema geologico sono controllati dalla litologia, dalla stratigrafia e dalla struttura dei depositi e delle formazioni geologiche. La litologia rappresenta la componente fisica dei sedimenti o delle rocce che costituiscono i sistemi geologici e comprende: composizione mineralogica, granulometria ed impacchettamento dei grani. La stratigrafia descrive le relazioni geometriche e temporali tra le varie lenti, letti e formazioni in un sistema geologico di origine sedimentaria. Gli aspetti strutturali, come clivaggi, fratture, pieghe e faglie, sono le caratteristiche geometriche che vengono prodotte in un sistema geologico dalla deformazione post-deposizione o post-cristallizzazione. La litologia e la stratigrafia rappresentano gli aspetti più importanti nei depositi non consolidati. In molte regioni, la conoscenza di litologia, stratigrafia e struttura permette di interpretare direttamente la distribuzione degli acquiferi e degli acquitardi.

Alcuni esempi in cui la stratigrafia e la struttura controllano la presenza di acquiferi ed acquitardi sono mostrati in Figura 4.1. Negli Stati delle Grandi Pianure (U.S.A) e nel Canada occidentale, sono presenti diverse formazioni arenacee cretaciche o paleozoiche deformate al contatto con le Montagne Rocciose o con intrusioni ignee quali le Black Hills. Le arenarie, permeabili, sono sede di acquiferi regionali artesiani [Fig. 4.1 (a)] alimentati dalla ricarica nella zona di affioramento delle arenarie e dalle perdite attraverso i letti argillosi confinanti. Nei bacini intermontani degli Stati Uniti occidentali, gli acquiferi permeabili sabbioso-ghiaiosi contenuti nelle conoidi alluvionali si intercalanocon livelli siltoso-argillosi depositati nei laghi di playa [Fig. 4.1 (b)]. Lungo la catena montuosa avviene la ricarica degli acquiferi. Condizioni di confinamento si sviluppano in corrispondenza della terminazione a lente degli acquiferi, verso le piane bacinali. Nella regione sahariana in Africa, gli acquiferi sono costituiti da strati permeabili dolcemente deformati e la ricarica avviene da monte a partire dalle pendici delle montagne più distanti e verticalmente per infiltrazione. La presenza di corpi idrici superficiali è controllata da faglie o pieghe o dall’erosione della superficie desertica in prossimità del tetto degli acquiferi [Fig. 4.1 (c)].

Figura 4.1 Influenza della stratigrafia e della struttura sulla presenza di acquiferi a scala regionale. (a) Strati arenacei gradualmente inclinati affioranti alle pendici della catena montuosa; (b) acquiferi sabbiosi intercalati ad acquiferi ghiaiosi che si estendono a partire dai rilievi nelle aree intermontane; (c) acquifero piegato e fagliato in una regione desertica. I corpi idrici superficiali riflettono le caratteristiche strutturali (da Hamblin, 1976).

Le discontinuità sono superfici stratigrafiche di particolare importanza in idrogeologia. Una discontinuità è una superficie che rappresenta un intervallo di tempo durante il quale la sedimentazione è stata trascurabile e la superficie delle rocce pre-esistenti è stata alterata, erosa o fratturata. Spesso le rocce sottostanti erano deformate o inclinate prima della deposizione di nuovi materiali sopra la discontinuità. Gli acquiferi sono comunemente associati alle discontinuità, sia nella zona alterata o fratturata immediatamente sottostante la superficie del paesaggio sepolto sia in zone permeabili nei sedimenti grossolani depositatisi su questa superficie quando il sistema è entrato in una nuova fase di accrezione. In molte aree tettonicamente stabili del Nord America, dove sono presenti rocce sedimentarie sub-orizzontali al di sotto di un materiale sciolto, la presenza di discontinità è la chiave per determinare la distribuzione di acquiferi ed acquitardi e la qualità delle acque al loro interno.

Nei terreni che sono stati deformati per piegamento o fratturazione, può essere difficile riconoscere gli acquiferi a causa della complessità della struttura geologica. In queste situazioni la principale componente delle indagini idrogeologiche è spesso l’analisi strutturale del sistema geologico a larga scala.

4.2 Depositi fluviali

I depositi sciolti sono costituiti da particelle delle dimensioni di ghiaia, sabbia, limo o argilla, che non sono legate o indurite da cementi minerali, dalla pressione o da alterazione termica dei grani. I depositi fluviali, conosciuti anche come depositi alluvionali, sono materiali depositati da processi fisici nei canali o nelle piane d’esondazione. In questa sezione è posta enfasi sui materiali fluviali depositati in ambienti “non glaciali”. Nella Sezione 4.4 saranno trattati i depositi formati da acque di fusione glaciale.

I materiali di origine fluviale sono presenti in quasi tutte le regioni. In molte aree gli acquiferi di origine fluviale sono le più importanti risorse di approvvigionamento idrico. La Figura 4.2 mostra la morfologia e le differenze nei depositi formati da sistemi fluviali di tipo “braided” o “a canali intrecciati” e di tipo “meandriforme”. A causa della posizione non stazionaria dei canali fluviali e dei continui cambiamenti nelle velocità deposizionali, i depositi fluviali possiedono caratteristiche tessiturali variabili che causano una maggiore eterogeneità nella distribuzione delle proprietà idrauliche. In contesti dove i sedimenti disponibili per il trasporto sono sabbie molto grossolane o ghiaie e le portate sono elevate per le ripide pendenze della topografia a scala regionale, si generano sistemi fluviali di tipo “braided”. La posizione non stazionaria di canali e barre ed i cambiamenti nelle velocità possono dare origine a estesi depositi di sabbie e ghiaie stratificate con limitate zone a depositi limosi e argillosi di riempimento dei canali abbandonati. Anche i sistemi fluviali di tipo “meandriforme” e i relativi ambienti di piana alluvionale presentano depositi grossolani e fini. Tuttavia le abbondanze relative e le relazioni stratigrafiche dei sedimenti sono in genere molto diverse rispetto ai depositi di un sistema fluviale di tipo “braided”. I depositi siltosi o argillosi di riempimento di canale sono molto più abbondanti che in un deposito di un sistema fluviale di tipo “braided”. Sabbie a laminazione incrociata, solitamente di granulometria medio-fine e con un contenuto variabile di limi ed argille, si depositano sugli argini e nelle piane alluvionali. Sabbie grossolane e ghiaie solitamente si depositano lungo le barre di meandro. I sedimenti ghiaiosi si depositano sulla base dei canali. L’abbondanza relativa dei vari sedimenti deposti nei fiumi meandriformi e nelle relative piane alluvionali è molto influenzata dalla natura dei sedimenti provenienti dal bacino di alimentazione. A causa della variabilità delle sorgenti di sedimenti e del flusso, la delimitazione degli acquiferi mediante dati di perforazione è un compito difficile che può richiedere molta interpretazione.

Figura 4.2 Caratteristiche superficiali e natura dei depositi formati in (a) ambiente fluviale di tipo “braided” e in (b) ambiente di piana alluvionale di fiume di tipo “meandriforme” (da Allen, 1970).

Sui depositi fluviali è stato eseguito un gran numero di prove di conducibilità idraulica, sia in situ sia in laboratorio. I risultati delle prove di permeabilità su campioni di carota indicano tipicamente delle oscillazioni all’interno delle zone permeabili di 2 o 3 ordini di grandezza. Queste oscillazioni riflettono la differenza nella distribuzione delle diverse granulometrie nei singoli livelli all’interno delle successioni.

Quando si considerano le proprietà medie di grandi volumi, la caratteristica stratificazione dei depositi fluviali impone una forte anisotropia al sistema. Ad una piccola scala, rappresentata dai campioni di carote analizzati in laboratorio, l’anisotropia della permeabilità è presente, ma non così marcata. Johnson & Morris (1962) riportano conducibilità idrauliche sia verticali che orizzontali di 61 campioni di sedimenti fluviali e lacustri provenienti dalla San Joaquim Valley, in California. 46 di questi campioni presentavano una conducibilità idraulica orizzontale più grande della conducibilità verticale, 11 erano isotropi e solo 4 avevano conducibilità idrauliche verticali maggiori rispetto a quelle orizzontali. Le conducibilità idrauliche orizzontali erano tra 2 e 10 volte più grandi che le corrispettive verticali.

4.3 Depositi eolici

I materiali che sono trasportati e depositati dal vento sono conosciuti come depositi eolici. I depositi eolici consistono di sabbia o silt. Le dune di sabbia si formano lungo le coste o nelle aree interne dove le precipitazioni sono scarse e la sabbia è disponibile in superficie per il trasporto e la deposizione. I depositi eolici sono caratterizzati dalla mancanza delle frazioni limose e argillose, da una tessitura uniforme con grani di dimensioni medio-fini e da clasti arrotondati. Queste sabbie sono mediamente permeabili (10–4–10–6 m/s) e formano acquiferi in aree dove si presentano notevoli spessori saturi. Le porosità si assestano tra il 30 ed il 45%. Paragonati ai depositi alluvionali, i depositi eolici sono quasi omogenei e sono piuttosto isotropi, come un qualsiasi altro deposito in natura. L’azione selezionante del vento tende a produrre depositi che sono uniformi a scala locale e, in alcuni casi, piuttosto uniformi anche su ampie scale.

I depositi eolici più estesi in Nord America costituiscono una coltre di depositi di silt, conosciuti anche come loess. Il loess si trova in superficie o a bassa profondità in ampie aree del Midwest e delle Grandi Pianure del Nord America. Esso si è depositato durante il Pleistocene ed il post-Pleistocene come risultato dell’attività del vento che ha provocato nuvole di silt che sono state spazzate sul territorio. Una piccola quantità di argilla e di cementi carbonatici è quasi sempre presente e, per questo, il loess è leggermente o moderatamente coesivo. La porosità del loess normalmente si assesta nell’intervallo 40–50%. La conducibilità idraulica varia tra 10–5 m/s per un loess grossolano e pulito e 10–7m/s o meno per un loess fine o leggermente argilloso che non ha una permeabilità secondaria.

Una permeabilità secondaria nella direzione verticale è causata comunemente da fratture, canali di radici e tane di animali. Essa può superare di molto la permeabilità primaria. Come risultato di episodi ripetuti di mobilitazione di silt in atmosfera, sono molto comuni nei loess i suoli sepolti. Le zone di permeabilità secondaria sono spesso associate a questi suoli. In alcune aree caratterizzate dalla presenza di loess, solo in profondità si osserva una permeabilità sufficiente per l’approvvigionamento idrico per abitazioni e fattorie. I principali acquiferi, tuttavia, non si hanno in loess. In alcune situazioni, coltri di loess agiscono come acquitardi ricoprenti i principali acquiferi. Per ulteriori informazioni circa la distribuzione e le proprietà idrauliche del loess, il lettore faccia riferimento a Gibbs & Holland (1960) e McGary & Lambert (1962).

4.4 Depositi glaciali

I depositi formati o associati ai ghiacciai continentali sono di particolare importanza idrogeologica negli Stati Uniti settentrionali, in Canada ed in Europa. Questi depositi includono till, sedimenti fluvioglaciali e glaciolacustri. Nei laghi di fusione glaciale che sono esistiti durante il Pleistocene, i depositi glaciolacustri di silt ed argilla si depositavano nelle aree con acque più profonde. Questi depositi formano alcuni dei più estesi acquitardi superficiali del Nord America. I depositi sabbiosi e ghiaiosi si depositano vicino alla costa dei laghi e gli acquiferi si formano in alcune aree in corrispondenza delle spiagge. In confronto ai depositi di origine fluvioglaciale, questi acquiferi di origine glaciolacustre sono generalmente di minore importanza.

I till rappresentano il materiale più abbondante che è stato depositato sulla superficie del continente nordamericano durante il Pleistocene. Nella regione dello Scudo Precambriano, il till è generalmente sabbioso con un percentuale variabile di silt ed argilla. I till sabbiosi formano acquiferi locali in alcune aree. Nelle regioni con un substrato roccioso sedimentario in Nord America, l’erosione glaciale ha prodotto till che generalmente possiedono quantità considerevoli di silt ed argilla, e per questo hanno una bassa permeabilità. Livelli a till di questo tipo sono acquitardi.

La Figura 4.3 mostra un disegno schematico degli acquiferi e degli acquitardi nelle regioni del Midwest e delle Grandi Pianure del Nord America. La maggior parte degli acquiferi in queste regioni è costituita da sabbie e ghiaie fluvioglaciali confinate da depositi di till o argille e silt d’origine glaciolacustre. Gli acquiferi si presentano come corpi estesi o come depositi di canale in superficie o in valli di tunnel sepolte. I depositi di sabbia e ghiaia nelle valli sepolte formano acquiferi che si estendono generalmente per decine di chilometri in lunghezza e qualche chilometro in larghezza. Le valli sepolte più ampie si estendono per decine di chilometri in larghezza. In molti casi non ci sono indicazioni superficiali della presenza di acquiferi di valli sepolte. Il till soprastante ha generalmente uno spessore di alcune decine di metri o meno, ma in alcuni casi può essere dell’ordine di un centinaio di metri di spessore.

Figura 4.3 Disegno schematico della distribuzione degli acquiferi nelle regioni glacialidelle provincie geomorfologiche del Midwest e delle Grandi Pianure.

Molti fiumi d’origine glaciale che hanno formato depositi acquiferi erano sistemi alluvionali di tipo “braided”, nella stessa configurazione mostrata in Figura 4.2 (a); altri scorrevano in canali o valli profonde erose nei sedimenti glaciali o nel substrato roccioso sedimentario. Esempi di acquiferi che si sono formati nelle valli o come coltri superficiali sono inclusi in Figura 4.3.

Oltre alle classiche tipologie di depositi di acque di fusione glaciale generati dagli scolmatori glaciali oltre i margini dei ghiacciai, molte aree glaciali presentano depositi di sabbia e ghiaia che si sono formati alla sommità di masse di ghiaccio morto durante gli episodi di ritiro del ghiacciaio. Questi depositi sono conosciuti come depositi supraglaciali, depositi da fusione di ghiaccio morto, e depositi di contatto glaciale. Un esempio di questo tipo di depositi è mostrato in Figura 4.4. Gli acquiferi sabbiosi e ghiaiosi di questa origine si trovano in superficie o sepolti al di sotto di till depositati durante un’avanzata glaciale successiva.

Figura 4.4 Formazione dei depositi supraglaciali e di contatto glacialein un ambiente continentale di ghiaccio morto (dopo Parizek, 1969).

Till glaciali compatti di materiale fine e depositi glaciolacustri di silt ed argilla sono gli acquitardi più comuni nella maggior parte delle aree settentrionali degli Stati Uniti e meridionali del Canada. Questi depositi hanno conducibilità idrauliche molto basse, tipicamente con valori compresi tra 10–10–10–12 m/s. Con un gradiente idraulico di 0,5, che è vicino al limite superiore dei gradienti osservati in questi acquitardi, ed una conducibilità idraulica di 10–11 m/s, sono necessari circa 10.000 anni perché l’acqua attraversi i 10 m di spessore di un livello non fratturato di questo materiale. Gli estesi depositi di till argilloso o di argille glaciolacustri possono comportare un isolamento degli acquiferi sepolti rispetto agli strati acquiferi più superficiali.

Nella regione delle Grandi Pianure e in parte del Midwest americano e dell’Ontario meridionale, è stato osservato che in alcune località i depositi di till argilloso o siltoso e le argille glaciolacustri presentano reticoli di fratture molto sottili. Queste caratteristiche sono talvolta descritte come fessure o giunti. Le fratture sono prevalentemente verticali o sub-verticali. La distanza tra le fratture varia tra qualche centimetro e diversi metri. Sono comuni riempimenti di calcite o gesso. La matrice del terreno adiacente alle fratture solitamente si distingue per un cambiamento di colore causato da differenti gradi di ossidazione o riduzione. In alcune aree sono state osservate piccole radici poste lungo le fratture a profondità di 5–10 m dalla superficie. In alcuni casi le fratture attraversano strati sovrapposti di till ed argille. In altri casi sono limitate al singolo strato.

In molte aree le fratture aumentano le possibilità di flusso sotterraneo. La conducibilità idraulica di till ed argille fratturate determinata con prove di campo solitamente è tra 1 e 3 ordini di grandezza superiore rispetto ai valori di conducibilità idraulica determinata da prove di laboratorio su campioni non fratturati. Come risultato di un aumento degli sforzi laterali dovuti al sovraconsolidamento, la conducibilità idraulica di till ed argille fratturate diminuisce con la profondità, ma, a causa della rigidità di molti di questi materiali, le fratture possono procurare una permeabilità secondaria significativa fino a centinaia di metri di profondità.

Nelle aree a till glaciale ed argilla glaciolacustre, le zone ad alta fratturazione entro diversi metri dalla superficie sono molto comuni. Le fratture superficiali sono provocate soprattutto da cambiamenti dello stato di sforzi dovuti ai cicli di asciutto-umido e gelo-disgelo. Brecce provocate dalle radici sono anch’esse causa di una seconda permeabilità. E’ più difficoltoso determinare l’origine delle fratture a maggiori profondità. Diversi ricercatori hanno ipotizzato meccanismi di rilascio di sforzi legati al ritiro dei ghiacciai ed al recupero crostale e di variazioni volumetriche dovute a processi geochimici come lo scambio cationico. Per una discussione più dettagliata della natura e del significato geologico delle fratture nel till e nell’argilla glaciolacustre, il lettore può fare riferimento a Rowe (1972), Williams & Farvolden (1969), Grisak & Cherry (1975) e Grisak et al. (1976).

4.5 Rocce sedimentarie

Arenarie

Per circa il 25% le rocce sedimentarie del mondo sono arenarie. In molti paesi i litosomi arenacei costituiscono degli acquiferi regionali sede di un’enorme risorsa di acqua potabile. I corpi arenacei di maggior significato idrologico devono la loro origine a diversi ambienti deposizionali, tra cui: piane alluvionali, coste marine, ambienti eolici, deltizi e torbiditici. La conoscenza della distribuzione della permeabilità nelle arenarie può essere ottenuta attraverso una struttura interpretativa che è basata sulla comprensione dell’ambiente deposizionale in cui i corpi sabbiosi si erano formati. In questa ricerca è necessaria la conoscenza della sedimentologia. La monografia di Blatt et al. (1972) fornisce un’interpretazione esauriente sull’origine e sulle caratteristiche delle arenarie.

Le sabbie non consolidate hanno porosità nel range del 30–50%. Tuttavia, le arenarie hanno comunemente valori minori di porosità a causa della compattazione e del cemento presente tra i grani. In casi estremi la porosità può raggiungere valori minori dell’1% e le conducibilità idrauliche si avvicinano a quelle di siltiti ed argilliti non fratturate (i.e., meno di 10–10m/s). I cementi più comuni sono quarzo, calcite e minerali delle argille. Questi minerali si formano come risultato della precipitazione di minerali per la circolazione delle acque sotterranee attraverso la sabbia. La compattazione è importante a grandi profondità, dove le temperature e le pressioni sono elevate. Gli studi di Chilingar (1963), Maxwell (1964) e Atwater (1966) mostrano che la porosità delle arenarie diminuisce sistematicamente con la profondità. Atwater ha determinato che, nei reservoir petroliferi in Louisiana, si ha una diminuzione media dell’1,3% ogni 300 m di profondità. Chilingar (1963) ha dimostrato che quando sabbie ed arenarie sono associate in funzione della granulometria, esistono trend ben definiti di aumento della permeabilità con l’aumento della porosità (Figura 4.5). Un aumento della porosità di alcuni punti percentuali corrisponde ad un aumento considerevole della permeabilità.

Figura 4.5 Relazione tra porosità e permeabilità per arenarie in diverse classi granulometriche (da Chilingar, 1963).

Prove di permeabilità eseguite su carote estratte da strati arenacei indicano che la conducibilità può variare localmente di un fattore da 10 a 100 in zone che appaiono, a prima vista, relativamente omogenee. La Figura 4.6 mostra, schematicamente, un profilo di conducibilità idraulica verticale attraverso uno spesso strato di arenaria piuttosto omogeneo. Le variazioni di conducibilità riflettono i piccoli cambiamenti nelle condizioni deposizionali presenti al momento della deposizione della sabbia.

Figura 4.6 Diagramma conducibilità idraulica – profondità per uno spesso acquifero di arenaria relativamente omogeneo.

Davis (1969) suggerisce che la presenza della laminazione a piccola scala nelle arenarie fa sì che la permeabilità di campioni molto grandi possa essere considerata uniformemente anisotropa. Davis asserisce che l’effetto complessivo della stratificazione della permeabilità sta nel fatto che la permeabilità verticale effettiva di grandi volumi di arenaria possa essere bassa anche in zone dove la permeabilità orizzontale è piuttosto elevata. Davis dichiara che la conoscenza riguardante l’anisotropia a piccola scala delle arenarie è alquanto incompleta, ma è comunque ben più fondata che la nostra comprensione dell’anisotropia di grandi volumi in generale. Sulla base di misure di conducibilità idraulica su un gran numero di carote, Piersol et al. (1940) hanno osservato un rapporto medio tra conducibilità idraulica orizzontale e verticale pari a 1,5. Solo il 12% dei campioni ha mostrato un rapporto superiore a 3,0.

Al crescere della compattazione e cementazione (cioè della litificazione), il contributo delle fratture sulla permeabilità globale del materiale è cresecnte. La tendenza di elevati valori di permeabilità a presentarsi nella direzione orizzontale è sostituita dalla prevalenza di un’alta permeabilità da fratturazione nella direzione verticale. L’origine dell’anisotropia nel mezzo fratturato può riflettere una storia geologica complessa che coinvolge diversi cicli di sforzo e deformazione.

Rocce carbonatiche

Le rocce carbonatiche, calcari e dolomie, consistono principalmente di minerali di calcite e dolomite, con una quantità molto piccola di argilla. Alcuni autori si riferiscono alle rocce dolomitiche come “dolostone”. Nella versione originale di questo testo, in lingua inglese, il termine “dolomite” viene utilizzato per indicare sia il minerale che la roccia; nella traduzione italiana si utilizza il termine “dolomia” per indicare la roccia ed il termine “dolomite” per indicare il minerale. Quasi tutta la dolomite è di origine secondaria, formata per alterazione geochimica della calcite. Questa trasformazione mineralogica causa un incremento della porosità e della permeabilità poiché il reticolo cristallino della dolomite occupa circa il 13% in meno di spazio rispetto a quello della calcite. Rocce carbonatiche geologicamente giovani hanno porosità in un range che varia da 20% per calcari grossolani massivi a più del 50% per i fanghi calcarei (“chalk”) poco induriti (Davis, 1969). Con l’incremento della profondità di seppellimento, la matrice soffice, costituita da minuti minerali carbonatici (“micrite”) viene normalmente compattata e ricristallizzata in una roccia più densa e meno porosa. La permeabilità primaria di un calcare o di una dolomia antiche e non fratturate è solitamente meno di 10–7 m/s ad una temperatura prossima alla superficie. Le rocce carbonatiche con una permeabilità di quest’ordine di grandezza possono essere importanti per la produzione di petrolio ma non sono risorse significative per l’approvvigionamento idrico.

Molte unità carbonatiche possiedono una permeabilità secondaria come risultato di fratture o aperture lungo le superfici di strato. Aperture secondarie in rocce carbonatiche causate da cambiamenti nelle condizioni degli sforzi possono venire allargate come risultato della dissoluzione di calcite o dolomite a causa della circolazione delle acque sotterranee. Affinché l’acqua causi un ampliamento del reticolo di permeabilità, esso deve essere in condizioni di sottosaturazione rispetto a questi minerali. L’origine delle aperture per dissoluzione nelle rocce carbonatiche è descritta nel Capitolo 11.

Le osservazioni in cave o in altri scavi in rocce carbonatiche a stratificazione orizzontale indicano che le aperture da dissoluzione lungo giunti verticali sono generalmente molto spaziate. Le aperture lungo i piani di strato sono molto più importanti dal punto di vista della produttività di un pozzo (Walker, 1956; Johnston, 1962). In rocce carbonatiche a stratificazione planare, con fratture verticali regolari e superfici di strato orizzontali, c’è una maggiore probabilità che un pozzo incontri le aperture orizzontali rispetto alle fratture verticali. Ciò è mostrato in Figura 4.7. In rocce carbonatiche fratturate, possono coesistere in spazi ravvicinati sia pozzi produttivi sia pozzi non produttivi, a seconda della frequenza delle fratture incontrate dalla perforazione. Il livello dell’acqua nei pozzi superficiali può variare notevolmente a seconda della stagione, poiché la porosità totale per fratturazione è generalmente di pochi punti percentuali o meno.

Figura 4.7 Schema illustrativo della presenza di acque sotterranee nelle rocce carbonatiche con una permeabilità secondaria in corrispondenza di fratture ampliate e aperture delle superfici di strato (da Walker, 1956; Davis & De Wiest, 1966).

In alcune rocce carbonatiche intersezioni di fratture verticali concentrate generano zone ad alta permeabilità. La Figura 4.8 mostra una situazione dove le lineazioni di intersezione tra le fratture sono riflesse nella morfologia della superficie topografica. Le zone dove le fratture sono concentrate sono le zone di più rapido flusso sotterraneo. La dissoluzione può causare l’incremento della permeabilità in queste zone. Studi approfonditi dei lineamenti nelle rocce carbonatiche da parte di Parizek e collaboratori hanno mostrato che la probabilità di ottenere pozzi produttivi aumenta notevolmente se i siti di perforazione sono ubicati lungo lineamenti o alle loro intersezioni (Lattman & Parizek, 1964; Parizek & Drew, 1966). In alcune aree, comunque, gli eccessivi spessori di seppellimento impediscono l’individuazione dei lineamenti del substrato, e, in questo modo, la ricerca di siti favorevoli per la perforazione non è possibile.

Figura 4.8 Presenza di zone permeabili in rocce carbonatiche fratturate. La maggior produttività di un pozzo si ha nelle zone di intersezione delle fratture (da Lattman & Parizek, 1964).

In aree con rocce carbonatiche piegate, le zone a maggior concentrazione di fratture e con aperture per dissoluzione sono comunemente associate alle creste delle anticlinali e, per un’estensione minore, alle depressioni delle sinclinali (Figura 4.9). Nelle situazioni in cui vi è una ricarica diretta rapida, un ampliamento delle fratture per dissoluzione ha una grande influenza. Nella situazione illustrata in Figura 4.9, l’acqua che si infiltra nella roccia carbonatica fratturata al di sotto dei depositi alluvionali può causare un ampliamento delle fratture per dissoluzione se il materiale alluvionale è povero di minerali carbonatici. Se il materiale alluvionale possiede un contenuto significativo di minerali carbonatici, le acque sotterranee solitamente diventano sovrassature rispetto alla calcite ed alla dolomite prima di raggiungere la zona di fratturazione della roccia carbonatica. Nelle rocce carbonatiche in cui la canalizzazione della dissoluzione è stata attiva nel passato geologico, si possono formare caverne o tunnel, causando una permeabilità locale che può essere quasi infinita comparata ad altre parti della stessa formazione.

Figura 4.9 Presenza di zone ad alta permeabilità in fratture ampliate per dissoluzione lungo la cresta esposta di una anticlinale in rocce carbonatiche (da Davis & De Wiest, 1966).

Carbone

I letti di carbone sono comuni all’interno delle sequenze (di rocce) sedimentarie formate nelle pianure alluvionali o in ambienti di delta. In ampie aree interne del Nord America, in particolare in alcune parti del North Dakota, Montana, Wyoming, Saskatchewan, ed Alberta, i letti di lignite formano acquiferi significativi. Gli strati di carbone, di età Terziaria o Cretacea, sono in genere spessi meno di 10–20 m, e molti sono spessi solo uno o due metri. Questi acquiferi sono una risorsa comune per l’approvvigionamento idrico di fattorie e piccole città in questa regione.

Nonostante la loro importanza, si conosce poco delle proprietà idrogeologiche degli acquiferi nel carbone. Le indagini sulla conducibilità idraulica di strati di lignite superficiale da parte di Van Voast & Hedges (1975) e Moran et al. (1976) indicano valori compresi tra 10–6–10–4 m/s, con una diminuzione dei valori a profondità maggiori di 50-100 m. Al di sotto dei 100 m gli strati di carbone sono raramente in grado di contenere acqua a portate adeguate per l’approvvigionamento idrico. La conducibilità idraulica totale delle vene di carbone può essere attribuita ai giunti ed alle aperture lungo le superfici di strato. La porosità del volume fratturato è generalmente una piccola frazione dell’1%.

Il ruolo idrogeologico del carbone nella regione delle Grandi Pianure è diventato, recentemente, di interesse come risultato dell’incremento dell’attività mineraria in questa regione. In alcune aree, gli acquiferi superficiali di carbone sono stati drenati col procedere dell’attività mineraria. Le vene di carbone più profonde servono come alternativa per l’approvvigionamento idrico. Molti dei livelli di carbone sono sovrastati, e sovrastanti, da depositi di silt o argilla che agiscono come acquitardi regionali. Meno comunemente, le vene di carbone si trovano al di sotto o al di sopra di arenarie di origine alluvionale. Dove carbone ed arenarie sono presenti contemporaneamente, si comportano come un singolo sistema acquifero.

Argilliti

I letti di argillite costituiscono gli acquitardi più spessi ed estesi nella maggior parte dei bacini sedimentari. Le argilliti si formano per deposizione di fango sui fondali oceanici, in aree deltizie ad acque calme, o negli ambienti paludosidelle ampie pianure alluvionali. I processi diagenetici legati alla compattazione ed all’attività tettonica trasformano l’argilla in argillite. Il fango, del quale l’argillite è formata, può avere porosità pari a 70–80% prima del seppellimento. Dopo la compattazione, tuttavia, le argilliti hanno una porosità primaria di meno del 20% ed in alcuni casi meno del 5%. Nelle aree affioranti, le argilliti si presentano generalmente fragili, fratturate e spesso piuttosto permeabili. In profondità, tuttavia, le argilliti sono generalmente meno fragili, le fratture sono meno frequenti, e la permeabilità è solitamente molto bassa. Alcuni letti di argilla sonno piuttosto plastici e le fratture non sono significative.

I valori di conducibilità idraulica di campioni intatti di argillite misurati in laboratorio (Peterson, 1954; Young et al., 1964; Davis, 1969; Moran et al., 1976) sono raramente superiori a 10–9 m/s e sono comunemente variano tra 10–12–10–10 m/s. E’ evidente dalla legge di Darcy che anche in presenza di forti gradienti idraulici, le acque sotterranee non possono muoversi a velocità superiori di qualche centimetro ogni cento anni in argilliti non fratturate. Queste velocità sono difficilmente significative alla scala dei tempi umani, ma su una scala dei tempi geologici il flusso delle acque sotterranee attraverso le argilliti intatte può essere una componente significativa nel bilancio idrico di acquiferi regionali confinati da argilliti. Entro poche centinaia di metri dalla superficie, le fratture nelle argilliti possono impartire una componente significativa di porosità e permeabilità secondarie. Anche nelle situazioni in cui esistono fratture sottili con una spaziatura relativamente ampia, la moderata porosità secondaria che creano (probabilmente meno di 10–4–10–5) può produrre una permeabilità secondaria di ordini di grandezza che superano la permeabilità primaria.

4.6 Rocce ignee e metamorfiche

I campioni compatti di rocce metamorfiche non fratturate e rocce ignee plutoniche hanno porosità raramente maggiori del 2%. I vuoti cristallini che costituiscono la porosità sono piccoli e molti non sono connessi tra loro. A causa delle ridotte dimensioni dei pori e del basso grado di interconnessione, le permeabilità primarie di queste rocce sono estremamente basse. Le misure su campioni intatti di rocce metamorfiche (metasedimenti) dal distretto minerario di Marquette in Michigan indicano che i valori di permeabilità primaria variano intorno ai 0.00019 millidarcy (10–11–10–13 m/s), espressi come conducibilità idraulica a temperatura ambiente per quarzite, micascisto e ardesia, valori confrontabili con quelli delle rocce sedimentarie ad esse associate (selci ed arenarie argillose; Stuart et al., 1954). Le misure di permeabilità su graniti in perforazioni in cui le fratture fossero assenti hanno dato valori di nell’ordine di 10–3 millidarcy (10–11 m/s). Permeabilità di questo ordine di grandezza indicano che queste rocce sono impermeabili all’interno del contesto della maggior parte dei problemi idrogeologici.

In terreni composti da rocce ignee plutoniche e rocce cristalline metamorfiche, una permeabilità da fratturazione apprezzabile è generalmente presente entro le decine di metri ed in alcuni casi entro le centinaia di metri dalla superficie. Le fratture sono causate da variazioni del regime degli sforzi che si sono succedute durante i vari episodi nella storia geologica delle rocce. L’ampiezza delle aperture delle fratture è solitamente minore di 1 mm. Poiché la portata delle acque sotterranee è proporzionale all’ampiezza delle fratture incrementata di una potenza di 3 [Eq. (2.86)], la differenza di permeabilità tra ammassi rocciosi con fratture ampie decine di millimetri e quelli con fratture dell’ordine dei millimetri o più è enorme.

Tolman (1937) e David (1969) pongono attenzione al fatto che in alcuni casi la dissoluzione di rocce silicee può causare significativi incrementi dell’ampiezza delle fratture. Davis ha presentato un esempio ipotetico in cui le acque di ricarica attraverso un livello di 10 m di quarzite rimuovono silice a sufficienza per ampliare le fratture di 0.38 mm in 105 anni. Questo ampliamento può essere davvero significativo in termini di flusso dei fluidi. Davis suggerisce che diversi fattori riducono o annullano la tendenza verso una rapida apertura per dissoluzione delle fessure in rocce cristalline. Siccome le acque sotterranee attraversano le coperture prima di entrare all’interno delle rocce fessurate, normalmente acquistano una quantità apprezzabile di silice dissolta. Esse perciò risultano relativamente non aggressive rispetto ai minerali silicatici lungo la superficie delle fratture. A differenza delle rocce carbonatiche, le rocce silicee possiedono un residuo insolubile sotto forma di ossidi di alluminio e ferro che tenderanno ad occludere le piccole fratture dopo l’inizio dell’alterazione.

Figura 4.10 Diminuzione nella produttività di pozzi (galloni al minuto per piede di pozzo al di sotto della superficie piezometrica) con la profondità in rocce cristalline nell’area di Statesville, North Carolina. I numeri vicino ai punti indicano il numero di pozzi utilizzati per ottenere i valori medi che definiscono la curva (da LeGrand, 1954; Davis & De Wiest, 1966).

Una delle caratteristiche più tipiche della permeabilità delle rocce cristalline è la generale tendenza della permeabilità di diminuire all’aumentare della profondità. I risultati (Figura 4.10) di uno studio di LeGrand (1954) sull’area a rocce cristalline (graniti, gabbri, gneiss e scisti) in North Carolina forniscono un’espressione quantitativa della tendenza osservata dai perforatori in una maniera più qualitativa in molte regioni a rocce cristalline. Relazioni quantitative tra la profondità e la produttività di un pozzo sono state definite da Summers (1972) per l’area del Precambriano nel Wisconsin. Le rocce cristalline fratturate sono meno permeabili a grandi profondità perché le variazioni di stress che causano le fratture sono maggiori e, sulla scala dei tempi geologici, si verificano più frequentemente vicino alla superficie. Le fratture tendono a chiudersi in profondità a causa di sforzi verticali e laterali imposti dai carichi di sovraconsolidazione e sforzi orizzontali vincolati di origine tettonica. Le rocce mantengono molto del loro carattere fragile a profondità di diversi chilometri. Tuttavia, la permeabilità per fratturazione può esistere a grande profondità. Evidenze impressionanti di tale fenomeno derivano dai tunnel e dalle miniere alle profondità di 1 km o più dove le acque fluiscono attivamente in pozzi e gallerie. In una roccia cristallina, le miniere asciutte sono più un’eccezione che una regola.

Nel granito, la presenza di fratture sub-orizzontali parallele alla superficie del terreno è stata attribuita da LeGrand (1949) alla rimozione del carico di sovraconsolidamento a causa dell’erosione. In un’area della Georgia studiata da LeGrand, queste fratture planari sono un’importante risorsa di approvvigionamento idrico a basse profondità. Con l’aumentare della profondità, le fratture di questo tipo diminuiscono rapidamente in frequenza ed ampiezza dell’apertura. Queste contribuiscono probabilmente in misura irrilevante alla permeabilità a profondità maggiori di circa 100 m (Davis & De Wiest, 1966).

Siccome molte fratture devono la loro origine agli sforzi superficiali legati direttamente o indirettamente alle condizioni topografiche, non è sorprendente che in molte aree con rocce cristalline la frequenza di pozzi e campi pozzo sia legata alla topografia. I risultati dello studio di LeGrand (1954) possono ancora essere citati come esempio quantitativo della relazione pozzo-produttività, questa volta in relazione alla topografia. La Figura 4.11 mostra che le produttività di pozzi in rocce cristalline nell’area di studio della North Carolina sono maggiori nelle valli e in ampie gole, e minori in corrispondenza delle creste dei rilievi. La produttività nelle aree di altopiano e al piede dei pendii si colloca tra questi estremi. In molte zone, le valli e le gole si sviluppano lungo zone di faglia. La predisposizione delle zone di faglia ad avere una maggiore permeabilità è il fattore primario della relazione pozzo-produttività.

Figura 4.11 Distribuzione di frequenza cumulata della produttività di pozzi rispetto alla posizione sulla superficie topografica, area di Statesville, North Carolina (da LeGrand, 1954; Davis & De Wiest, 1966).

Le rocce vulcaniche si formano come risultato della solidificazione del magma alla superficie topografica o in prossimità di essa. In termini idrogeologici, generalmente queste rocce si differenziano da molte delle altre rocce cristalline in quanto presentano delle caratteristiche primarie che generano una permeabilità all’interno dell’ammasso roccioso. Davis (1969), in un’eccellente lavoro riguardo la permeabilità e la porosità delle rocce vulcaniche, ha osservato che queste caratteristiche sono legate alla storia delle rocce.

Quando il magma raggiunge la superficie e fluisce come lava, le rocce che si formano per raffreddamento sono generalmente molto permeabili. In superficie, il rapido raffreddamento e la fuoriuscita di gas provocano un raffreddamento dei giunti e la creazione di vuoti a bolla. Mentre la lava è in movimento, si forma una crosta sulla superficie superiore della colata per raffreddamento della lava stessa. Il flusso di lava sottostante la crosta provoca una fratturazione della stessa, generando un ammasso roccioso a blocchi che viene solitamente spinto al di sotto del fronte della colata. Il risultato finale è un ammasso compatto che presenta zone a detrito grossolano sopra e sotto le rocce più dense (Davis, 1966). Le ghiaie deposte dai fiumi sui terreni vulcanici vengono successivamente ricoperte da nuove colate di lava. La permeabilità complessiva dell’associazione tra le rocce massive ed i letti ghiaiosi intercalati è molto alta nella maggior parte dei basalti recenti. Altre cause di elevata permeabilità in basalti recenti sono: condotti di degassazione, tunnel di lava, cavità per impronte di alberi. L’alterazione dovuta al seppellimento profondo o all’afflusso di fluidi cementanti durante le ere geologiche provoca una diminuzione della permeabilità.

La permeabilità del basalto è anisotropa su un’ampia scala. Il centro della colata di lava è solitamente impermeabile. I suoli sepolti che generano una elevata permeabilità si sviluppano nella parte superiore delle colate di lava una volta raffreddate. I depositi torrentizi si sviluppano tra una colata e l’altra. In genere, le zone a detriti massivo corrono parallelamente alla direzione di flusso. La direzione di maggior permeabilità è perciò solitamente parallela al flusso. Davis evidenzia che all’interno della colata la permeabilità è solitamente più elevata nella direzione di immersione del flusso. Ciò è mostrato schematicamente in Figura 4.12, che mostra l’orientazione ed il relativo ordine di grandezza della permeabilità nelle tre direzioni principali in rocce basaltiche recenti. In alcune situazioni, comunque, l’orientazione degli assi maggiori può non essere ellittica.

Figura 4.12 Orientazione probabile e relativo ordine di grandezza della permeabilità di una roccia basaltica recente (da Davis, 1969).

Uno dei più ampi accumuli di basalto al mondo si trova nell’area nordoccidentale degli Stati Uniti, in una regione conosciuta col nome Columbia River Plateau. Durante il Miocene ed il Pliocene, un enorme volume di magma è fuoriuscito attraverso le fratture e si è sparso tabularmentecoprendo un’area di diversi milioni di chilometri quadrati di estensione. Di conseguenza, la maggior parte di questo magma possedeva un basso contenuto gassoso. Il basalto in questa regione è generalmente piuttosto denso, con solo alcune aree a basalto vescicolare. Sono presenti estesi depositi di sedimenti fluviali tra le varie colate di basalto. Lo spessore medio della sequenza basaltica del Columbia River Plateau è di circa 550 m.

Le indagini condotte nei sondaggi effettuati nella parte basale della sequenza basaltica in un sito ubicato nell’area sudorientale dello Stato di Washington hanno permesso di ottenere i valori di conducibilità idraulica, trasmissività e porosità elencati in Tabella 4.1 (Atlantic-Richfield Hanford Company, 1976).

Tabella 4.1 Proprietà idrogeologiche delle colate basaltiche e dei livelli sedimentari intercalati della parte basale della formazione di Yakima

  Conducibilità idraulica (m/s) Porosità (%)
Basalto denso 10-11 – 10-8 0.1 – 1
Basalto vescicolare 10-9 – 10-8 5
Basalto fratturato, alterato o brecciato 10-9 – 10-5 10
Strati sedimentari intercalati 10-8 – 10-5 20

 
I depositi fluviali intercalati tra le colate e le zone a basalto vescicolare, fratturato, alterato o brecciato costituiscono acquiferi in cui prevale un flusso regionale orizzontale. Le zone a basalto denso presentano una bassa conducibilità e porosità efficace, ma, comunque sono in grado di trasmettere un quantitativo considerevole di acqua. Alcune zone a basalto denso e non fratturato possiedono conducibilità idrauliche molto basse e probabilmente si comportano come acquitardi di importanza regionale.

4.7 Permafrost

All’interno del circolo polare artico è presente quasi ovunque il terreno perennemente gelato, conosciuto col nome di permafrost. Nella maggior parte delle regioni settentrionali di Canada, Alaska, Groenlandia, Scandinavia e URSS, il permafrost è continuo, ma in molte delle terre settentrionali abitate o al limite delle zone estrattive, le zone a permafrost sono discontinue. Ad eccezione delle Ande e dell’Antartide, il permafrost è assente nell’emisfero meridionale.

Al contrario di quanto ci si possa aspettare intuitivamente, il permafrost non si forma necessariamente in tutte le località in cui la temperatura del terreno scende al di sotto degli 0°C. Le temperature sensibilmente inferiori a 0°C sono spesso necessarie per iniziare la trasformazione dell’acqua nei pori in ghiaccio (Anderson & Morgenstern, 1973; Banin & Anderson, 1974). Il verificarsi e l’ordine di grandezza della recessione del punto di congelamento iniziale dipende da un certo numero di fattori, che includono la pressione del fluido, il contenuto salino dell’acqua nei pori, la granulometria, la mineralogia e la struttura del terreno (van Everdingen, 1976). La relazione tra il contenuto idrico nei pori e la temperatura della matrice del terreno è mostrata in Figura 4.13. Quando il terreno è parzialmente gelato contiene sia acqua liquida che ghiaccio. Il termine “permafrost” dovrebbe essere utilizzato solamente per quel materiale in cui l’acqua persiste in uno stato gelato o parzialmente gelato durante tutto l’anno. Le sole condizioni di temperatura a 0°C forniscono poche indicazioni circa lo stato fisico dell’acqua nei pori.

L’importanza idrogeologica del permafrost risiede nell’ampia differenza di conducibilità idraulica che esiste per molti materiali geologici tra il loro stato gelato e non gelato. La Figura 4.14 (a) mostra la relazione tra il contenuto idrico in condizioni “non gelate” e la temperatura per alcuni terreni. La Figura 4.14 (b) mostra gli effetti di questa relazione sulla conducibilità idraulica. Il contenuto idrico diminuisce ed il contenuto in ghiaccio aumenta quando la temperatura globale del materiale diminuisce da 0°C a –1°C. Le conducibilità idrauliche diminuiscono di diversi ordini di grandezza mentre la temperatura diminuisce di poche decine di gradi al di sotto di 0°C. Ad esempio, le sabbie fini che possono essere considerate un acquifero in condizioni non gelate, in certe condizioni stratigrafiche si comportano come un acquitardo a bassa permeabilità a temperature leggermente più basse di 0°C. Il silt può avere caratteristiche di acquitardo permeabile in condizioni non gelate e comportarsi come un acquitardo impermeabile quando completamente gelato.

Figura 4.13 Relazione teorica tra contenuto idrico e temperatura del terreno, nelle condizioni di terreno non gelato, parzialmente gelato e totalmente gelato (da van Everdingen, 1976).

Figura 4.14 Effetti della temperatura sulle proprietà idrauliche di diversi terreni. (a) Relazione tra contenuto idrico in condizioni non gelate e temperatura; (b) relazione tra conducibilità idraulica e temperatura (da Burt & Williams, 1976).

L’importanza della configurazione del permafrost sulla distribuzione degli acquiferi può essere mostrata prendendo come esempio una sezione trasversale tra due valli alluvionali nell’area di Fairbanks nell’Alaska nordorientale (Figura 4.15). Il deposito sabbioso e ghiaioso al di sotto dell’acquitardo siltoso nella valle di Happy Creek è un acquifero molto produttivo. L’acquifero viene ricaricato tramite le aree non gelate nella parte sommitale dei versanti e nei depositi alluvionali fino alle testate dei corsi d’acqua. Al contrario, al di sotto di Dome Creek, la base del permafrost si estende all’interno del substrato roccioso sottostante le sabbie e le ghiaie. Di conseguenza, non è possibile estrarre acqua da questi materiali grossolani. A causa dell’effetto confinante del permafrost, le acque sotterranee nelle zone di substrato al di sotto della base del permafrost possiedono dei carichi idraulici la cui quota è superiore alla superficie del terreno dando origine a pozzi artesiani in profondità.

Figura 4.15 Sezioni idrogeologiche attraverso due valli dell’area mineraria di Fairbanks, Alaska. (a) Presenza di un acquifero sabbioso e ghiaioso al di sotto della base del permafrost; (b) i depositi sabbiosi e ghiaiosi sono gelati all’interno della zona del permafrost. Sono presenti pozzi artesiani al di sotto della base del permafrost (da Williams, 1970).

Letture consigliate

BROWN, I. C., ed. 1967. Groundwater in Canada. Geol. Surv. Can., Econ. Geol. Rept. No. 24, pp. 65-171.

DAVIS, S. N. 1969. Porosity and permeability of natural materials. Flow Through Porous Media, ed. R. J. M. De Wiest. Academic Press, New York, pp. 53-89.

DAVIS, S. N. and R. J. M. DE WIEST. 1966. Hydrogealogy. John Wiley & Sons, New York, pp. 318-417.

MCGUINNESS, C. L. 1963. The role of groundwater in the National Water Situation. U.S. Geol. Surv. Water-Supply Paper 1800.