Revisione: Mauro Giudici (Italy)
Nei primi sette capitoli di questo volume sono stati esaminati i principi fisici e chimici che governano il flusso delle acque sotterranee e sono state investigate le correlazioni che esistono tra il contesto geologico, il ciclo idrologico e il flusso delle acque sotterranee. In questo capitolo e nei due capitoli successivi si tratteranno le interazioni tra le acque sotterranee e l’uomo. Verrà trattato l’utilizzo delle acque sotterranee come risorsa, verrà esaminato il ruolo di tale utilizzo nella contaminazione del sottosuolo e verrà valutato come tale utilizzo influisce su una varietà di problemi geotecnici.
8.1 Sfruttamento delle risorse idriche sotterranee
Esplorazione, valutazione e sfruttamento
Lo sfruttamento delle risorse idriche sotterranee può essere visto come un processo sequenziale con tre fasi principali. La prima è una fase di esplorazione, in cui le tecniche geologiche e geofisiche di superficie e sotto-superficiali puntano alla ricerca di adeguati acquiferi. La seconda è una fase di valutazione, che comprende la misura dei parametri idrogeologici, la progettazione e l’analisi di pozzi e il calcolo della produttività dell’acquifero. Infine, c’è una fase di sfruttamento o gestione, che deve includere delle considerazioni sulle ottimali strategie di sfruttamento e una valutazione delle interazioni tra lo sfruttamento delle acque sotterranee e il sistema idrologico regionale.
Vale la pena contestualizzare queste tre fasi in una prospettiva storica. Nel Nord America e in Europa, quasi tutti i principali acquiferi sono stati identificati e vengono sfruttati in una qualche misura. L’epoca della vera esplorazione di acquiferi regionali è superata. Ci troviamo adesso in un periodo in cui una dettagliata valutazione degli acquiferi esplorati e un’attenta gestione delle risorse assumeranno sempre più importanza. La struttura di questo capitolo riflette questa interpretazione delle esigenze attuali. L’esplorazione di acquiferi verrà trattata in un singolo paragrafo, mentre si porrà maggiore enfasi sulle fasi di valutazione e gestione.
Si assuma di aver individuato un acquifero con certo potenziale apparente. Lo scopo degli studi sulla valutazione e sulla gestione delle risorse idriche sotterranee potrebbe essere meglio indicato dalla serie di domande seguenti:
- Dove dovrebbero essere posizionati i pozzi? Quanti pozzi sono necessari? Che portate di emungimento possono sostenere questi pozzi?
- Quale sarà l’effetto dello schema di estrazione proposto sui livelli idrici regionali?
- Quali sono le capacità di rendimento a lungo termine dell’acquifero?
- Lo sfruttamento proposto avrà un’influenza dannosa sugli altri componenti del ciclo idrologico?
- È probabile che si verifichino effetti collaterali indesiderati, come subsidenza del terreno o intrusione salina, che possano limitare la produttività?
Questo capitolo ha lo scopo di fornire la metodologia necessaria per rispondere a domande di questo tipo. La misura e la stima dei parametri idrogeologici viene trattata nei Paragrafi da 8.4 ad 8.7. La previsione degli abbassamenti indotti in un acquifero dallo schema di estrazione proposto può essere eseguita in contesti semplici con i metodi analitici presentati nel Paragrafo 8.3. Contesti idrogeologici più complessi potrebbero richiedere l’applicazione di tecniche numeriche di simulazione, come descritto nel Paragrafo 8.8, o tecniche elettriche analogiche, come descritto nel Paragrafo 8.9. La subsidenza del terreno è descritta nel Paragrafo 8.12 e l’intrusione salina nel Paragrafo 8.13.
Produttività di un pozzo, produttività di un acquifero e produttività di un bacino
Le tecniche di valutazione delle risorse idriche sotterranee richiedono la comprensione del concetto di produttività delle acque sotterranee e, sorprendentemente, questo risulta essere un termine difficile e ambiguo da affrontare. Il concetto è certamente pertinente, in quanto uno dei primi obiettivi della maggior parte degli studi sulle risorse idriche sotterranee è determinare se le massime portate di estrazione possibili sono compatibili con il contesto idrogeologico da cui l’acqua viene estratta. Questa necessità implica che la produttività debba essere vista in termini di bilancio tra i benefici che derivano dall’emungimento di acque sotterranee e gli effetti indesiderati indotti dall’estrazione. L’effetto più comune causato dall’estrazione è l’abbassamento del livello di falda, pertanto nei casi più semplici la produttività può essere definita in termini della massima portata di emungimento che garantisca che gli abbassamenti del livello di falda si attestino entro limiti accettabili.
Questo concetto di produttività può essere applicato a diverse scale. Se l’obiettivo dello studio è un sinolo pozzo, è possibile definire la produttività di un pozzo; se l’obiettivo dello studio è un acquifero, è possibile definire la produttività di un acquifero; se l’obiettivo dello studio è un bacino idrogeologico, è possibile definire la produttività di un bacino. La produttività di un pozzo può essere definita come la massima portata di emungimento che può essere sostenuta da un pozzo senza indurre un abbassamento del livello di falda nel pozzo al di sotto dell’opera di presa. La produttività di un acquifero può essere definita come il massimo tasso di prelievo che può essere sostenuto da un acquifero senza causare un inaccettabile declino del carico idraulico nell’acquifero stesso. La produttività di un bacino può essere definita come il massimo tasso di prelievo che può essere sostenuto dall’intero sistema idrogeologico in un bacino idrico sotterraneo senza causare un inaccettabile declino del carico idraulico del sistema o provocare delle inaccettabili modifiche ad un qualsiasi altro componente del ciclo idrologico nel bacino. Alla luce degli effetti dell’interferenza del pozzo che verranno discussi nel Paragrafo 8.3, è chiaro che la produttività di un acquifero dipende fortemente dal numero e dalla spaziatura dei pozzi che intercettano un acquifero. Se tutti i pozzi estraggono da un acquifero ben sviluppato con una portata pari alla loro produttività, è probabile che la produttività dell’acquifero venga superata. Alla luce degli effetti della percolazione attraverso un acquitardo e dell’interferenza tra più livelli acquiferi, effetti descritti nel Paragrafo 8.3, è chiaro che la produttività di un bacino dipende fortemente dal numero e dalla spaziatura degli acquiferi esplorati in quel bacino. Se tutti questi acquiferi vengono sfruttati con delle portate di emungimento pari alla loro produttività, è probabile che la produttività del bacino venga superata.
Questi semplici concetti dovrebbero rivelarsi utili al lettore per i primi paragrafi di questo capitolo. Comunque, il concetto di produttività di un bacino merita un riesame più approfondito, che sarà presentato nel Paragrafo 8.10.
8.2 Esplorazione di acquiferi
Un acquifero è una formazione geologica in grado di produrre dei benefici in termini economici dall’estrazione di acque sotterranee mediante pozzi. Esso deve essere poroso, permeabile e saturo. Mentre gli acquiferi possono assumere diverse forme entro l’ampia varietà di contesti idrogeologici esistenti, un’interpretazione dei dati di permeabilità e porosità riportati nelle Tabelle 2.2 e 2.4 e le discussioni affrontate nel Capitolo 4 chiariscono che alcuni depositi geologici sono frequentemente sede di acquiferi. Tra i più comuni si ricordano le sabbie e le ghiaie non consolidate di origine alluvionale, glaciale, lacustre e deltizia; le rocce sedimentarie, specialmente calcari e dolomie, arenarie e conglomerati; le rocce vulcaniche porose o fratturate. Nella maggior parte dei casi, l’esplorazione di un acquifero diventa una ricerca di uno o più tipi tra questi depositi geologici. I metodi di esplorazione possono essere raggruppati in quattro classi: metodi geologici superficiali, metodi geologici di sottosuolo, metodi geofisici superficiali e metodi geofisici in pozzo.
Metodi geologici superficiali
Le fasi iniziali di un programma di esplorazione di un acquifero vengono eseguite in ufficio piuttosto che sul campo. È possibile imparare molto dall’analisi delle mappe, delle relazioni tecniche e dei dati disponibili. Esistono mappe geologiche pubblicate su diverse scale per quasi tutto il Nord America; esistono mappe del suolo o mappe che rappresentano la geologia di superficie per la maggior parte delle aree; ed esistono mappe idrogeologiche pubblicate per diverse aree. Le mappe geologiche e le relazioni tecniche forniscono agli idrogeologi un’indicazione iniziale delle formazioni rocciose in un’area, insieme ai loro rapporti stratigrafici e strutturali. Le mappe del suolo o le mappe che rappresentano la geologia di superficie, insieme alle mappe topografiche, forniscono un’introduzione alla distribuzione e alla genesi dei depositi superficiali non consolidati e alle loro morfologie associate. Le mappe idrogeologiche forniscono un’interpretazione sommaria dei dati topografici, geologici, idrogeologici, geochimici disponibili in un’area e di quelli relativi alle risorse idriche.
Anche l’interpretazione di foto aeree è ampiamente utilizzata nell’esplorazione di acquiferi. Di solito è possibile preparare mappe morfologiche, del suolo, di uso del suolo, di vegetazione e drenaggio dalla copertura fotografica aerea di una regione. Ognuna di queste grandezze ambientali porta a fare delle deduzioni sull’idrodinamica delle acque sotterranee e/o sulla presenza di acquiferi potenziali. Way (1973) e Mollard (1973) forniscono una trattazione “da manuale” dei metodi di interpretazione delle foto aeree ed entrambi includono un ampio numero di foto interpretate, molte delle quali illustrano importanti caratteristiche idrogeologiche.
Comunque, anche in aree in cui esiste una considerevole quantità di informazioni pubblicate, di solito è necessario eseguire una mappatura geologica in campo. Considerando l’importanza di sabbie e ghiaie non consolidate come depositi ospitanti acquiferi potenziali, particolare attenzione deve essere posta alle strutture geomorfologiche e alla distribuzione di depositi glaciali e alluvionali. Laddove i depositi sabbiosi e ghiaiosi sono sparsi, o laddove questi depositi sono superficiali e insaturi, una maggiore attenzione deve essere posta alla litologia, alla stratigrafia e alla struttura delle formazioni rocciose.
I metodi di mappatura idrogeologica presentati nel Paragrafo 6.1 sono utili per determinare la scala e la profondità dei sistemi naturali di flusso delle acque sotterranee e per mappare l’estensione delle aree di ricarica e di deflusso.
Metodi geologici di sottosuolo
Raramente è sufficiente considerare le sole manifestazioni superficiali di un contesto idrogeologico. È improbabile che le relazioni stratigrafiche del sottosuolo possano essere completamente rilevate senza delle indagini dirette del sottosuolo. Anche in questo caso, la fase iniziale di solito richiede l’interpretazione della documentazione disponibile. Molti enti governativi statali e provinciali attualmente richiedono che i log geologici di tutti i pozzi d’acqua vengano archiviati in una banca centrale per un loro utilizzo da altri investigatori. Questi dati, sebbene non siano omogenei in termini di qualità, spesso possono fornire agli idrogeologi delle informazioni importanti sui successi e sui fallimenti passati in una certa regione.
Nella maggior parte dei programmi di indagine, specialmente quelli a larga scala per scopi industriali o per le forniture idriche comunali, è necessario eseguire delle prove in foro per delineare meglio le condizioni del sottosuolo. Le perforazioni realizzate permettono di eseguire dei log geologici e geofisici e di eseguire il carotaggio o il campionamento di materiali geologici. Tali perforazioni possono anche essere utilizzate per raccogliere dei campioni di acque per le analisi chimiche e per avere indicazioni sul livello della falda in quell’area. Le prove in foro, insieme alle mappe geologiche pubblicate e alla documentazione disponibile di log in pozzo, possono essere interpretate in termini di litologie, stratigrafie e strutture locali e regionali. Questi log possono essere utilizzati per preparare sezioni stratigrafiche, diagrammi geologici reticolari, mappe di spessore delle formazioni geologiche e delle loro coperture, e mappe delle litofacies. Le interpretazioni idrogeologiche potrebbero includere le curve di livello e le isopache dello spessore saturo di acquiferi non confinati. I risultati delle analisi chimiche su campioni di acque sotterranee, quando rappresentati graficamente utilizzando i metodi illustrati nel Capitolo 7, possono fornire importanti evidenze sul contesto geochimico naturale, oltre ad una misura diretta della qualità delle acque.
Metodi geofisici superficiali
Esistono due tecniche geofisiche regionali ampiamente utilizzate per l’esplorazione di acquiferi. Si tratta del metodo della sismica a rifrazione e del metodo della resistività elettrica. La progettazione di un sondaggio geofisico che utilizza questi approcci, e l’interpretazione delle misure geofisiche ottenute, è una branca specializzata delle scienze della Terra. Non ci si aspetta che un idrogeologo diventi uno specialista in questa branca, pertanto la discussione in merito a questo tema sarà breve. Tuttavia, è necessario che l’idrogeologo sia consapevole delle potenzialità e dei limiti di questi metodi. Se questa breve presentazione non dovesse essere esaustiva, si faccia riferimento a specifici volumi sul tema, come Dobrin (1960), o ad una delle tante pubblicazioni che forniscono una rassegna specifica delle applicazioni geofisiche nell’esplorazione del sottosuolo, come McDonald & Wantland (1961), Hobson (1967) o Lennox & Carlson (1967).
Il metodo della sismica a rifrazione è basato sul principio che le onde elastiche viaggiano attraverso diversi materiali a diverse velocità. Più denso è il materiale attraversato, più elevata è la velocità di propagazione dell’onda. Quando le onde elastiche attraversano il confine tra due formazioni geologiche con proprietà elastiche differenti, la velocità di propagazione dell’onda cambia e le traiettorie dell’onda vengono rifratte in base alla legge di Snell. Nell’esplorazione sismica, le onde elastiche sono generate da una sorgente di energia, di solito una piccola esplosione, al suolo. Un insieme di ricevitori, detti geofoni, vengono disposti lungo una linea che irradia verso l’esterno rispetto alla sorgente di energia. Le onde generate in superficie e rifratte all’angolo critico da uno strato profondo ad alta velocità raggiungeranno i geofoni più distanti più velocemente delle onde che viaggiano direttamente attraverso lo strato superficiale a bassa velocità. Il tempo che intercorre tra l’innesco e l’arrivo dell’onda elastica ad un geofono viene registrato da un sismografo. L’insieme delle acquisizioni di un sismografo può essere utilizzato per derivare un grafico dei tempi di arrivo rispetto alla distanza tra il punto di innesco e il geofono e questo, a sua volta, applicando semplici argomenti teorici, può essere utilizzato per calcolare le profondità degli strati e le relative velocità sismiche.
Nelle indagini sulle acque sotterranee, il metodo della sismica a rifrazione è stato utilizzato per determinare caratteristiche quali la profondità del substrato roccioso, la presenza di canali sotterranei sepolti, lo spessore di zone fratturate superficiali in rocce cristalline e l’estensione areale di acquiferi potenziali. Le interpretazioni sono più affidabili nei casi in cui esiste una semplice configurazione geologica a due o tre strati, in cui gli strati presentano un forte contrasto di velocità sismica. È necessario che le velocità degli strati aumentino con la profondità; il metodo non è in grado di rilevare uno strato a bassa velocità (che potrebbe anche essere un acquifero poroso potenziale) che si trova al di sotto di uno strato più superficiale a velocità più elevata. La profondità di penetrazione del metodo sismico dipende dalla potenza della sorgente di energia. Per le indagini superficiali (fino a circa 30 m) gli idrogeologi di solito utilizzano in metodo del martello sismico, in cui la sorgente di energia è semplicemente un colpo di martello su un piattello di acciaio posizionato sulla superficie del terreno.
La resistività elettrica di una formazione geologica è definita come ρ = RA/L, dove R è la resistenza alla corrente elettrica per un blocco unitario con una sezione trasversale di area A e lunghezza L. La resistività controlla il gradiente di potenziale elettrico che si instaura in una formazione sotto l’influenza di una certa corrente applicata. In una roccia o in un suolo saturi, la resistività dipende fortemente dalla densità e dalla porosità del materiale e dalla salinità del fluido di saturazione. Durante un sondaggio di resistività elettrica, della corrente elettrica viene fatta passare attraverso il terreno utilizzando un paio di elettrodi di corrente e viene misurata la caduta di potenziale tra due elettrodi di potenziale. La spaziatura tra gli elettrodi controlla la profondità di penetrazione. Una resistività apparente viene calcolata per ogni configurazione sulla base della caduta di potenziale misurata, della corrente applicata e della spaziatura tra gli elettrodi. Diverse serie di misure vengono eseguite sotto forma di profili laterali o profili di profondità. Nella rilevazione di profili laterali, la spaziatura degli elettrodi viene mantenuta costante mentre gli elettrodi vengono spostati lungo la linea di rilevamento. Questo metodo fornisce una copertura areale ad una certa profondità di penetrazione. Questo può essere utilizzato per definire i limiti di un acquifero o per mappare le variazioni areali della salinità delle acque sotterranee. Nella rilevazione di profili di profondità, vengono eseguite varie serie di misure in una singola stazione per diverse spaziature tra gli elettrodi. Le resistività apparenti vengono rappresentate rispetto alla spaziatura tra gli elettrodi e le interpretazioni stratigrafiche vengono eseguite comparando le curve risultanti con quelle teoriche pubblicate per delle semplici geometrie a strati. Il metodo a profili di profondità è stato ampiamente utilizzato per determinare lo spessore di acquiferi in sabbie e ghiaie posti al di sopra di un substrato. Questo può anche essere utilizzato per individuare l’interfaccia acqua salata-acqua dolce in acquiferi costieri. Si sostiene che questo metodo possa “percepire” la tavola d’acqua, ma questo è discutibile tranne che per depositi omogenei. Nelle aree urbane questo metodo è spesso ostacolato dalla presenza di tubature, rotaie e cavi che interferiscono con i campi di corrente.
I metodi geofisici superficiali non possono rimpiazzare le prove in foro, sebbene possano fornire dati per una selezione più accurata delle prove in foro, permettendo di ridurre la quantità di perforazioni richieste. Le interpretazioni stratigrafiche basate sulle misure di resistività sismica o elettrica devono essere calibrate sulla base delle informazioni provenienti dalle prove in foro.
Metodi geofisici in pozzo
Esiste un approccio geofisico che è ormai diventato uno strumento standard nell’esplorazione degli acquiferi. Questo approccio prevede la realizzazione di log in pozzo e prove in foro mediante metodi geofisici in pozzo. Il termine comprende tutte le tecniche in cui un sensore viene posizionato in foro per eseguire un profilo che può essere interpretato in termini di caratteristiche delle formazioni geologiche e dei fluidi in esse contenuti. I metodi geofisici in pozzo sono stati originariamente sviluppati nel campo dell’industria petrolifera e i testi sulle interpretazioni del log geofisici (Pirson, 1963; Wyllie, 1963) enfatizzano le applicazioni in questo campo. Fortunatamente, esistono diverse eccellenti revisioni scientifiche (Jones e Skibitzke, 1956; Patton e Bennet, 1963; Keys, 1967, 1968) che trattano specificatamente l’applicazione di metodi geofisici in pozzo a problemi legati alle acque sotterranee.
L’applicazione di metodi geofisici in pozzo, così come viene eseguita nell’industria petrolifera, richiede di solito due log elettrici (potenziale spontaneo e resistività), tre log a radiazione (gamma, neutroni e gamma-gamma) e un log di calibrazione che indica le variazioni del diametro del foro. Nelle applicazioni idrogeologiche viene data di solito enfasi ai log elettrici.
Il più semplice log elettrico è il log a potenziale spontaneo (o self-potential). Esso si ottiene utilizzando la semplice configurazione elettrodica mostrata in Figura 8.1 con la sorgente di corrente disconnessa. Tale configurazione fornisce una misura delle differenze di potenziale che si instaurano naturalmente tra l’elettrodo in superficie e l’elettrodo in foro. L’origine di questi potenziali elettrici naturali non è ben compresa, ma si tratta di potenziali apparentemente correlati alle interazioni elettrochimiche che si verificano tra il fluido in foro e il complesso acqua-roccia in situ.
Il secondo log elettrico è un log di resistività. Esistono diverse configurazioni elettrodiche che possono essere utilizzate, ma la più semplice e quella più ampiamente utilizzata nell’industria dei pozzi per acqua è la configurazione a punto singolo mostrata in Figura 8.1. La differenza di potenziale registrata a diverse profondità per una certa intensità di corrente permette di ottenere un log di resistività apparente rispetto alla profondità.
I due log elettrici possono essere interpretati congiuntamente in termini qualitativi per fornire informazioni sulla sequenza stratigrafica in foro. La Figura 8.2 mostra un paio di log elettrici a punto singolo eseguiti in un foro di prova in una sequenza non consolidata di sedimenti del Pleistocene e del Cretaceo Superiore nella provincia di Saskatchewan. Le descrizioni geologiche e il log geologico al centro derivano da un programma di carotaggio. La descrizione idrologica degli acquiferi potenziali nell’area è basata su un’interpretazione congiunta dei log geologici e geofisici. Nei più comuni contesti geologici, le zone con una produttività idrica migliore hanno le resistività più alte. I log elettrici di solito forniscono il dettaglio più accurato per la selezione degli intervalli di fenestratura di un pozzo.
Dicky et al. (1972) evidenziano tre svantaggi per quanto riguarda i log elettrici a punto singolo. Questi non forniscono valori quantitativi della resistività di una formazione; sono influenzati dal diametro del foro e dalla resistività del fluido in foro; e hanno un basso raggio di indagine. Per enfatizzare il primo punto, si noti che il log di resistività in Figura 8.2 registra semplicemente la resistenza misurata tra due elettrodi piuttosto che una resistività apparente. I log elettrici a punti multipli sono più versatili. Questi possono essere utilizzati per calcoli quantitativi della resistività delle formazioni rocciose e dei fluidi in esse ospitati. Questi calcoli esulano dagli scopi di questa trattazione. Campbell & Lehr (1973) forniscono una panoramica di queste tecniche. Dyck et al. (1972) forniscono alcuni esempi di calcolo nel contesto di un programma di esplorazione di acquiferi.
Secondo Keys (1967, 1968), i log a radiazione, specialmente i log gamma, possono avere applicazioni nell’idrologia sotterranea. Un set completo di indagini per scopi idrogeologici dovrebbe includere il log della perforatrice (inclusa la velocità di perforazione), un log geologico, un log a potenziale spontaneo, un log di resistività, un log a raggi gamma e un log di calibrazione.
Perforazione e installazione di pozzi e piezometri
La perforazione di piezometri e pozzi, e la loro progettazione, costruzione e manutenzione, è una tecnologia specializzata che si basa solo in parte su principi scientifici e ingegneristici. Esistono diversi testi (Briggs e Fiedler, 1966; Gibson e Singer, 1971; Campbell e Lehr, 1973; U.S. Environmental Protection Agency, 1973a, 1976) che forniscono una trattazione completa della tecnologia dei pozzi per acqua. Inoltre, Walton (1970) presenta del materiale sugli aspetti tecnici dell’idrologia sotterranea e il suo volume include molti casi di installazioni e valutazioni di pozzi per acqua. Reeve (1965), Hvorslev (1951), Campbell & Lehr (1973) e Kruseman & de Ridder (1970) discutono dei metodi di costruzione e installazione di piezometri. In questo volume ci si limiterà ad una breve panoramica di queste importanti questioni pratiche. La maggior parte di ciò che segue è ricavato da Campbell & Lehr (1973).
I pozzi per acqua vengono di solito classificati sulla base dei metodi di costruzione. Tali pozzi possono essere scavati manualmente, battuti o iniettati (o a getto) nella forma di pozzi puntuali, trivellati o perforati mediante un impianto di perforazione. La selezione del metodo di costruzione dipende da questioni come lo scopo del pozzo, il contesto idrogeologico, la quantità di acqua richiesta, la profondità e il diametro previsti, e fattori economici. I pozzi scavati, trivellati, a getto e battuti sono limitati a profondità basse, depositi non consolidati e produttività relativamente basse. Per pozzi più profondi, più produttivi, in depositi non consolidati e per pozzi in roccia, la perforazione è l’unico approccio fattibile.
Esistono tre principali tipologie di attrezzature per realizzare una perforazione: a percussione, a rotazione e a rotazione inversa. Il metodo a percussione permette di perforare sollevando e rilasciando una serie di strumenti sospesi su un cavo. La punta all’estremità della serie ruota di pochi gradi tra un colpo e l’altro in modo che la parte tagliente della punta colpisca un’area diversa del fondo del foro ad ogni colpo. La perforazione è periodicamente interrotta per recuperare i detriti di roccia. Con trivelle con capacità medio-alta, è possibile realizzare fori con diametri tra 40 cm e 60 cm fino a profondità di diverse centinaia di metri e fori di diametri più piccoli a profondità maggiori. Il metodo a percussione viene adottato con successo su un’ampia varietà di materiali geologici, ma non è in grado di perforare rapidamente o in profondità come i metodi a rotazione. Con il metodo a rotazione convenzionale, un fluido di perforazione viene immesso all’interno dell’asse della perforatrice a rotazione rapida per poi fuoriuscire attraverso le aperture nella punta. Il fluido di perforazione fluisce nuovamente verso la superficie, portando con sé il materiale perforato per mezzo della corona circolare formata tra la parte esterna dell’asse di perforazione e la parete del foro. In un sistema a rotazione inversa, la direzione di rotazione è invertita. Il metodo a rotazione inversa è particolarmente adatto per perforazioni di grande diametro in formazioni tenere e non consolidate.
Il sistema a rotazione convenzionale è generalmente considerato il più rapido, il più conveniente e il meno costoso da utilizzare, specialmente in depositi non consolidati. La velocità di penetrazione dei sistemi rotanti dipende da fattori meccanici come il peso, la tipologia, il diametro e la condizione della punta e la sua velocità di rotazione, dalla velocità di circolazione del fluido di perforazione e dalle sue proprietà e dalle caratteristiche fisiche della formazione geologica. In formazioni rocciose, la perforabilità (definita come la profondità di penetrazione raggiunta ad ogni rotazione) è direttamente correlata alla resistenza della roccia alla compressione.
Il metodo a rotazione diretta dipende fortemente dal sistema di circolazione idraulica. Il fluido di penetrazione più ampiamente utilizzato è una sospensione di argilla bentonitica in acqua, che prende il nome di fango di perforazione. Durante la perforazione, il fango ricopre la parete del foro contribuendo così alla stabilità del foro stesso e a prevenire perdite del fluido di perforazione in formazioni permeabili. Quando anche il fango di perforazione non è in grado di prevenire la formazione di cavità nella parete del foro, è necessario rivestire il pozzo durante la perforazione. La formazione di cavità, una scarsa circolazione e situazioni associate al rinvenimento di acque artesiane fluenti costituiscono i problemi più comuni in tema di perforazioni.
La progettazione di un pozzo con tubazione profonda in un acquifero non consolidato deve includere delle considerazioni sull’alloggiamento in superficie, sul rivestimento, sui dispositivi per l’estrazione e sull’opera di presa. Tra questi fattori, la porzione filtrante è di solito quella di primaria importanza per gli idrogeologi. Nella prima metà del secolo era abbastanza comune permettere all’acqua di entrare nel pozzo mediante una serie di perforazioni o scanalature realizzate manualmente nell’involucro. Adesso si riconosce che la produttività di un pozzo può essere considerevolmente aumentata mediante l’utilizzo di intervalli fenestrati. La dimensione delle scanalature in un intervallo fenestrato opportunamente progettato è legata alla distribuzione della dimensione dei grani dell’acquifero. Lo sfruttamento di un pozzo fenestrato mediante estrazione, sollevamento o controlavaggio permette di estrarre i materiali fini dall’acquifero, attraverso l’intervallo fenestrato e fino in superficie. La rimozione dei materiali fini dalla formazione nelle vicinanze del pozzo crea un pacchetto di ghiaia naturale attorno all’intervallo fenestrato che aumenta l’efficienza dell’opera di presa. In alcuni casi viene posizionato un pacchetto di ghiaia artificiale per aumentare le proprietà dell’opera di presa. La Figura 8.3 mostra diverse configurazioni tipiche di pozzi in formazioni consolidate e non consolidate.
La produttività di un pozzo è spesso espressa in termini di capacità specifica, Cs, che è definita come Cs = Q/Δhw, dove Q è la portata di estrazione e Δhw è l’abbassamento del carico idraulico nel pozzo. In questa equazione, Δhw = Δh + ΔhL, dove Δh è l’abbassamento del carico idrauliconell’acquifero al contorno dell’intervallo fenestrato, mentre ΔhL è la perdita del pozzo creata dal flusso turbolento dell’acqua attraverso la fenestratura e nella porzione filtrante. Δh è calcolato mediante le equazioni idrauliche standard sviluppate nel Paragrafo 8.3. ΔhL può essere stimato mediante i metodi riportati in Walton (1970) e Campbell & Lehr (1973). In generale, ΔhL Δh.
8.3 La risposta di acquiferi ideali all’estrazione
Lo sfruttamento di un bacino idrico sotterraneo porta all’abbassamento del carico idraulico e ad una limitazione della resa. Uno dei primi obiettivi della valutazione delle risorse idriche sotterranee deve pertanto essere la previsione degli abbassamenti del carico idraulico in acquiferi soggetti a determinati schemi di estrazione. In questo paragrafo verrà esaminata la risposta teorica di acquiferi ideali all’estrazione. Verranno investigate diverse tipologie di configurazione di un acquifero, ma in tutti i casi la geometria sarà sufficientemente regolare e le condizioni al contorno sufficientemente semplici per permettere lo sviluppo di una soluzione analitica al problema al contorno che rappresenta il caso in oggetto. Queste soluzioni, insieme alle soluzioni di problemi al contorno più complessi, che descrivono condizioni meno ideali, rappresentano le fondamenta nello studio dell’idraulica dei pozzi. Questo paragrafo fornisce un’introduzione sul tema, ma il materiale presentato è tutt’altro che onnicomprensivo. Esiste un’ampia letteratura sul tema e si rimanda il lettore alla trattazione di Walton (1970), alla monografia di Hantush (1964) o agli eccellenti manuali di Ferris et al. (1962) e Kruseman & de Ridder (1970).
Flusso radiale verso un pozzo
Le analisi teoriche sono basate su una comprensione della fisica del flusso verso un pozzo durante l’estrazione. Tutti i concetti necessari sono stati introdotti nel Capitolo 2. La distinzione tra acquiferi confinati e non confinati è riportata nello stesso Capitolo, così come la relazione tra il concetto generale di carico idraulico in un sistema geologico tridimensionale e il concetto specifico di superficie potenziometrica di un acquifero bidimensionale, orizzontale e confinato. Sono state presentate delle definizioni per i parametri idrogeologici fondamentali, conducibilità idraulica, porosità e comprimibilità, e per i parametri di un acquifero derivati, trasmissività e coefficiente di immagazzinamento. Nello stesso capitolo è stato spiegato che l’attività di estrazione induce dei gradienti idraulici orizzontali diretti verso il pozzo e, di conseguenza, il carico idraulico dell’acquifero circostante il pozzo diminuisce durante l’estrazione. Questi concetti fondamentali verranno adesso ripresi e utilizzati nel caso di un problema al contorno rappresentato dal flusso verso un pozzo in un acquifero, per il quale sarà esaminata la risposta teorica.
A questo punto vale la pena ricordare dal Paragrafo 2.10 che la definizione di coefficiente di immagazzinamento invoca un concetto unidimensionale di comprimibilità dell’acquifero. La variabile α nell’Eq. (2.63) è la comprimibilità dell’acquifero lungo la direzione verticale. Le analisi che seguono in effetti assumono che le variazioni sullo sforzo efficace indotto dall’attività di estrazione siano molto più accentuate lungo la direzione verticale che in quella orizzontale.
Il concetto di immagazzinamento dell’acquifero, connaturato nel termine “coefficiente di immagazzinamento”, implica anche un rilascio d’acqua istantaneo da un qualsiasi volume elementare del sistema al diminuire del carico idraulico all’interno di quel volume.
Cominciamo l’analisi con la più semplice configurazione possibile per un acquifero. Si consideri un acquifero (1) orizzontale, (2) confinato tra formazioni impermeabili al tetto e al letto, (3) con estensione orizzontale infinita, (4) con spessore costante ed (5) omogeneo e isotropo rispetto ai parametri idrogeologici.
Per gli scopi di questa prima analisi, si semplifichi ulteriormente questo sistema ideale come segue: (1) esiste un singolo pozzo di estrazione nell’acquifero, (2) la portata di estrazione è costante nel tempo, (3) il diametro del pozzo è infinitesimamente piccolo, (4) il pozzo penetra l’intero acquifero e (5) il carico idraulico dell’acquifero prima dell’estrazione è uniforme su tutto lo spessore dell’acquifero.
L’equazione alle derivate parziali che descrive il flusso saturo nelle due dimensioni orizzontali in un acquifero confinato con trasmissività T e coefficiente di immagazzinamento S è stata presentata nel Paragrafo 2.11 con l’Eq. (2.77):
Poiché è chiaro che gli abbassamenti del carico idraulico attorno a un pozzo hanno simmetria radiale in questo sistema ideale, è vantaggioso convertire l’Eq. (2.77) in coordinate radiali. La conversione viene eseguita utilizzando la relazione e l’equazione di flusso diventa (Jacob, 1950):
(8.1)
La regione matematica del flusso, come illustrato in pianta in Figura 8.4, è una linea orizzontale unidimensionale attraverso l’acquifero, da r = 0 in corrispondenza del pozzo ad r = ∞ all’estremità all’infinito.
La condizione iniziale è
h(r, 0) = h0 per ogni r (8.2)
dove h0 è il carico idraulico iniziale costante.
Per le condizioni al contorno si assume che non si verifichi alcun abbassamento del carico idraulico all’infinito:
h(∞, t) = h0 per ogni t (8.3)
e una portata di estrazione costante Q[L3/T] in corrispondenza del pozzo:
(8.4)
La condizione (8.4) è il risultato dell’applicazione diretta della legge di Darcy sul bordo del pozzo.
La soluzione h(r, t) descrive il carico idraulico a qualsiasi distanza radial r e a qualsiasi istante dopo l’inizio dell’attività di estrazione. Per motivi che dovrebbero essere chiari da un’interpretazione della Figura 8.4, le soluzioni vengono spesso presentate in termini di abbassamento del carico h0 – h(r, t).
La soluzione di Theis
Theis (1935), in quella che deve essere considerata una delle principali innovazioni nello sviluppo della metodologia in campo idrologico, utilizzò un’analogia con la teoria del flusso di calore per arrivare ad una soluzione analitica dell’Eq. (8.1), date le condizioni iniziali e al contorno espresse dalle Eq. (8.2) – (8.4). La sua soluzione, scritta in termini di abbassamento, è
(8.5)
dove
(8.6)
L’integrale nell’Eq. (8.5) è ben conosciuto in matematica. Esso prende il nome di integrale esponenziale e le tabelle di valori sono ampiamente disponibili. Per la specifica definizione di u data dall’Eq. (8.6), l’integrale è noto come funzione del pozzo, W(u). Con questa notazione, l’Eq. (8.5) diventa
(8.7)
La Tabella 8.1 fornisce i valori di W(u) in funzione di u e la Figura 8.5 (a) mostra graficamente la relazione tra W(u) e 1/u. Questa curva è comunemente nota come la curva di Theis.
Se le proprietà dell’acquifero, T ed S, e la portata di estrazione, Q, sono note, è possibile prevedere l’abbassamento del carico idraulico in un acquifero confinato a qualsiasi distanza r da un pozzo e a qualsiasi istante t dopo l’inizio dell’attività di estrazione. È semplicemente necessario calcolare u dall’Eq. (8.6), consultare il valore di W(u) in Tabella (8.1) e calcolare h0 – h dall’Eq. (8.7).
u | 1.0 | 2.0 | 3.0 | 4.0 | 5.0 | 6.0 | 7.0 | 8.0 | 9.0 |
× 1 | 0.219 | 0.049 | 0.013 | 0.0038 | 0.0011 | 0.00036 | 0.00012 | 0.000038 | 0.000012 |
× 10–1 | 1.82 | 1.22 | 0.91 | 0.70 | 0.56 | 0.45 | 0.37 | 0.31 | 0.26 |
× 10–2 | 4.04 | 3.35 | 2.96 | 2.68 | 2.47 | 2.30 | 2.15 | 2.03 | 1.92 |
× 10–3 | 6.33 | 5.64 | 5.23 | 4.95 | 4.73 | 4.54 | 4.39 | 4.26 | 4.14 |
× 10–4 | 8.63 | 7.94 | 7.53 | 7.25 | 7.02 | 6.84 | 6.69 | 6.55 | 6.44 |
× 10–5 | 10.94 | 10.24 | 9.84 | 9.55 | 9.33 | 9.14 | 8.99 | 8.86 | 8.74 |
× 10–6 | 13.24 | 12.55 | 12.14 | 11.85 | 11.63 | 11.45 | 11.29 | 11.16 | 11.04 |
× 10–7 | 15.54 | 14.85 | 14.44 | 14.15 | 13.93 | 13.75 | 13.60 | 13.46 | 13.34 |
× 10–8 | 17.84 | 17.15 | 16.74 | 16.46 | 16.23 | 16.05 | 15.90 | 15.76 | 15.65 |
× 10–9 | 20.15 | 19.45 | 19.05 | 18.76 | 18.54 | 18.35 | 18.20 | 18.07 | 17.95 |
× 10–10 | 22.45 | 21.76 | 21.35 | 21.06 | 20.84 | 20.66 | 20.50 | 20.37 | 20.25 |
× 10–11 | 24.75 | 24.06 | 23.65 | 23.36 | 23.14 | 22.96 | 22.81 | 22.67 | 22.55 |
× 10–12 | 27.05 | 26.36 | 25.96 | 25.67 | 25.44 | 25.26 | 25.11 | 24.97 | 24.86 |
× 10–13 | 29.36 | 28.66 | 28.26 | 27.97 | 27.75 | 27.56 | 27.41 | 27.28 | 27.16 |
× 10–14 | 31.66 | 30.97 | 30.56 | 30.27 | 30.05 | 29.87 | 29.71 | 29.58 | 29.46 |
× 10–15 | 33.96 | 33.27 | 32.86 | 32.58 | 32.35 | 32.17 | 32.02 | 31.88 | 31.76 |
La Figura 8.5 (b) mostra l’andamento calcolato di h0 – h in funzione di t per lo specifico set di parametri riportati in figura. Un set di misure di campo degli abbassamenti misurati, in funzione del tempo, in un piezometro installato in un acquifero confinato ideale con queste proprietà presenterebbe questo tipo di andamento.
La forma della funzione h0 – h in funzione di t, quando rappresentata in un diagramma logaritmico come in Figura 8.5 (b), ha la stessa forma del grafico di W(u) in funzione di 1/u rappresentato in Figura 8.5 (a). Questa è una diretta conseguenza delle relazioni riportate nelle Eq. (8.6) e (8.7), dove si può notare che h0 – h e W(u), e t ed 1/u, sono legati l’un l’altro da un termine costante.
È anche possibile calcolare i valori di h0 – h per diversi valori di r ad un dato istante t. Tale calcolo porta ad ottenere un grafico del cono di depressione (o cono di abbassamento) della superficie potenziometrica attorno ad un pozzo di estrazione. La Figura 8.4 fornisce un esempio schematico. L’aumento della pendenza del cono vicino al pozzo si riflette nella soluzione, Eq. (8.7). La spiegazione fisica è chiara se si analizza la semplice configurazione della rete di flusso mostrata in pianta in Figura 8.4 e poi si estendono i valori del carico idraulico sulla sezione.
Per un dato acquifero il cono di depressione aumenta in profondità ed estensione al trascorrere del tempo. L’abbassamento in qualsiasi punto ad un certo istante è direttamente proporzionale alla portata di estrazione e inversamente proporzionale alla trasmissività dell’acquifero e al coefficiente di immagazzinamento dell’acquifero. Come mostrato in Figura 8.6, gli acquiferi con bassa trasmissività sviluppano stretti e profondi coni di abbassamento, mentre gli acquiferi con elevata trasmissività sviluppano coni superficiali e con un’ampia estensione. La trasmissività esercita una maggiore influenza sull’abbassamento rispetto al coefficiente di immagazzinamento.
Poiché le configurazioni geologiche raramente sono ideali come quelle illustrate in precedenza, la risposta abbassamento-tempo dell’acquifero in condizioni di estrazione di solito devia dalla soluzione di Theis mostrata in Figura 8.5. Verranno di seguito trattate alcune delle curve di risposta teoriche che si ottengono in condizioni meno ideali. In particolare, si considereranno (1) acquiferi semiconfinati, (2) acquiferi non confinati, (3) sistemi multi-pozzo, (4) portate di estrazione a gradino, (5) acquiferi delimitati e (6) pozzi parzialmente penetranti.
Acquiferi semiconfinati
L’assunzione connaturata alla soluzione di Theis che le formazioni geologiche sovrastanti o sottostanti un acquifero confinato siano completamente impermeabili raramente è soddisfatta. Anche quando i pozzi di estrazione sono fenestrati in un singolo acquifero, è abbastanza comune per l’acquifero ricevere flusso in ingresso dalle formazioni adiacenti. Un tale acquifero è chiamato acquifero semiconfinato, benchè in realtà sia l’acquitardo ad essere semiconfinato. L’acquifero di solito è solo una parte di un sistema multi-acquifero in cui una successione di acquiferi è separata da acquitardi interposti meno permeabili. Per gli scopi di questo paragrafo, comunque, è sufficiente considerare il caso di tre strati mostrato in Figura 8.7. Due acquiferi di spessore b1 e b2 e conducibilità idrauliche orizzontali K1 e K2 sono separati da un acquitardo di spessore b’ e conducibilità idraulica verticale K’. I valori dei coefficienti di immagazzinamento specifico degli acquiferi sono SS1 ed SS2, mentre quello dell’acquitardo è S’S.
Poiché un approccio rigoroso al flusso in un sistema multi-acquifero richiede la formulazione di condizioni al contorno che rendono il problema non trattabile analiticamente, di solito si semplifica la matematica assumendo che il flusso sia essenzialmente orizzontale negli acquiferi e verticale negli acquitardi. Neuman & Witherspoon (1969a) riportano che gli errori introdotti per via di questa assunzione sono inferiori al 5% quando le conducibilità degli acquiferi sono più di 2 ordini di grandezza maggiori di quella dell’acquitardo.
Lo sviluppo della teoria sugli acquiferi semiconfinati ha preso piede in due distinti insiemi di contributi scientifici. Il primo, ad opera di Hantush & Jacob (1955) e Hantush (1956, 1960), ha fornito la differenziazione originale tra la risposta di Theis e quella per gli acquiferi semiconfinati. Il secondo, ad opera di Neuman & Witherspoon (1969a, 1969b, 1972), ha permesso di valutare l’importanza delle assunzioni riportate nei precedenti lavori e di fornire soluzioni più generali.
La soluzione analitica di Hantush & Jacob (1955) può essere espressa nella stessa forma della soluzione di Theis [Eq. (8.7)] ma con una funzione di pozzo più complicata. Di fatto, Hantush e Jacob hanno sviluppato due soluzioni analitiche, una valida solo per t piccoli e una valida solo per t grandi, e poi hanno interpolato tra le due soluzioni per ottenere la curva di risposta completa. La loro soluzione è presentata in termini di un parametro adimensionale, r/B, definito dalla relazione
(8.8)
In analogia con l’Eq. (8.7), è possibile scrivere la loro soluzione come
(8.9)
dove W(r/B) è nota come la funzione di pozzo semiconfinata.
Hantush (1956) ha tabulato i valori di W(r/B). La Figura 8.8 è un grafico di questa funzione in funzione di 1/u. Se l’acquitardo è impermeabile, allora K’ = 0, e dall’Eq. (8.8), r/B = 0. In questo caso, come mostrato graficamente in Figura 8.8, la soluzione di Hantush-Jacob si riduce alla soluzione di Theis.
Se T1 (= K1b1) ed S1 (= S1b1) sono noti per l’acquifero e K’ e b’ sono noti per l’acquitardo, allora l’abbassamento del carico idraulico nell’acquifero sfruttato, per qualsiasi portata di estrazione Q, a qualsiasi distanza radiale r, e per qualsiasi istante t, può essere calcolato dall’Eq. (8.9), dopo aver calcolato u per l’acquifero sfruttato mediante l’Eq. (8.6), r/B mediante l’Eq. (8.8) e W(u, r/B) dalla Figura 8.9.
La soluzione originale di Hantush & Jacob (1955) è stata sviluppata sulla base di due assunzioni molto restrittive. Essi hanno assunto che il carico idraulico nell’acquifero non sfruttato si mantenga costante durante l’estrazione di acqua dall’acquifero sfruttato e che il tasso di percolazione nell’acquifero sfruttato sia proporzionale al gradiente idraulico attraverso l’acquitardo semiconfinato. La prima assunzione implica che l’acquifero non sfruttato abbia una capacità illimitata di fornire acqua all’acquifero sfruttato attraverso l’acquitardo. La seconda assunzione ignora completamente gli effetti della capacità di immagazzinamento dell’acquitardo in condizioni transitorie (cioè si assume che S’S = 0).
In un lavoro successivo Hantush (1960) ha presentato una soluzione modificata in cui vengono presi in considerazione gli effetti dell’immagazzinamento nell’acquitardo. Più recentemente, Neuman & Witherspoon (1969a, 1969b) hanno presentato una soluzione più completa che considera sia il rilascio di acqua per immagazzinamento nell’acquitardo che gli abbassamenti del carico idraulico nell’acquifero non sfruttato. Le loro soluzioni richiedono il calcolo di quattro parametri adimensionali che, con riferimento alla Figura 8.7, sono definiti come segue:
(8.10)
Le soluzioni di Neuman e Witherspoon forniscono l’abbassamento del carico idraulico in entrambi gli acquiferi in funzione della distanza radiale da un pozzo e nell’acquitardo in funzione sia della distanza radiale che della quota al di sopra della base dell’acquitardo. Le loro soluzioni possono essere descritte in maniera schematica dalla relazione
(8.11)
La tabulazione di questa funzione di pozzo richiederebbe diverse pagine di tabelle, ma un’indicazione della natura delle soluzioni è presentata in Figura 8.9, che riporta le curve di risposta teoriche per l’acquifero sfruttato, per l’acquifero non sfruttato e per tre quote nell’acquitardo, per uno specifico set di valori di r/B e β. La soluzione di Theis è stata riportata sul grafico per confronto.
A causa della sua semplicità, e nonostante i rischi inerenti l’utilizzo di un modello semplice per un sistema complesso, la soluzione in funzione del rapporto r/B rappresentata in Figura 8.8 è ampiamente utilizzata per la previsione degli abbassamenti del carico idraulico in sistemi acquiferi semiconfinati. La Figura 8.10 mostra il grafico di h0 – h in funzione di t per uno specifico caso, come calcolato dall’Eq. (8.9) con l’ausilio della Figura 8.8.
L’abbassamento del carico idraulico raggiunge un livello costante dopo circa 5 × 103 secondi. Da questo punto in poi, la soluzione r/B indica che si verificano delle condizioni stazionarie su tutto il sistema, con una capacità di immagazzinamento specifica che si assume esista nell’acquifero superiore che fornisce acqua attraverso l’acquitardo verso il pozzo. Se l’acquitardo sovrastante fosse impermeabile invece che semiconfinato, la risposta seguirebbe la linea tratteggiata. Come ci si aspetterebbe, gli abbassamenti del carico idraulico in acquiferi semiconfinati sono minori di quelli in acquiferi non semiconfinati, poiché in questo caso esiste una sorgente d’acqua addizionale oltre e al di sopra dell’acquifero che può essere fornita dall’acquifero stesso. Le previsioni basate sull’equazione di Theis forniscono pertanto una stima conservativa per sistemi semiconfinati; ciò significa che queste previsioni sovrastimano l’abbassamento del carico idraulico o, detta in altro modo, è improbabile che gli abbassamenti reali raggiungano i valori previsti dall’equazione di Theis per un certo schema di estrazione in un sistema multi-acquifero.
Acquiferi non confinati
Quando l’acqua viene estratta da un acquifero confinato, l’estrazione induce un gradiente idraulico verso il pozzo che genera degli abbassamenti della superficie potenziometrica. L’acqua prodotta dal pozzo deriva da due meccanismi: espansione dell’acqua nell’acquifero sotto ridotte pressioni del fluido e compattazione dell’acquifero sottoposto ad un aumento degli sforzi efficaci (Paragrafo 2.10). Non esiste drenaggio del sistema geologico. Il sistema di flusso nell’acquifero durante l’estrazione coinvolge solo gradienti orizzontali verso il pozzo; non esistono componenti verticali del flusso. Quando l’acqua viene estratta da un acquifero non confinato, d’altra parte, i gradienti idraulici indotti dall’estrazione creano un cono di depressione sulla tavola d’acqua stessa e si creano delle componenti verticali di flusso (Figura 8.11). L’acqua prodotta dal pozzo deriva da due meccanismi responsabili della limitata produzione più il drenaggio reale dell’acquifero non confinato.
Esistono essenzialmente tre approcci che possono essere utilizzati per prevedere l’evoluzione di coni di depressione nel tempo e nello spazio in acquiferi non confinati. Il primo, che potrebbe essere definito come un’analisi completa, riconosce che il problema dell’idraulica di un pozzo in un acquifero non confinato (Figura 8.11) coinvolge un sistema di flusso saturo-insaturo in cui gli abbassamenti della tavola d’acqua sono accompagnati da cambiamenti del contenuto d’acqua nella zona insatura al di sopra della tavola d’acqua (come quelli mostrati in Figura 2.23). L’analisi completa richiede la soluzione di un problema al contorno che coinvolge sia la zona satura che quella insatura. Una soluzione analitica di questo caso completo è stata presentata da Kroszynski & Dagan (1975) e sono stati preparati diversi modelli numerici matematici (Taylor e Luthin, 1969; Cooley, 1971; Brutsaert et al., 1971). La conclusione generale di questi studi è che la posizione della tavola d’acqua durante l’estrazione non è influenzata in maniera sostanziale dalla natura del flusso nella zona insatura al di sopra della tavola d’acqua stessa. In altre parole, mentre è concettualmente più interessante condurre un’analisi completa in zona satura e insatura, esistono pochi vantaggi pratici nel fare questo e, poiché le proprietà del suolo insaturo sono estremamente difficili da misurare in situ, l’analisi completa è raramente utilizzata.
Il secondo approccio, che è di gran lunga il più semplice, consiste nell’utilizzare la stessa equazione utilizzata per un acquifero confinato [Eq. (8.7)] ma con l’argomento della funzione di pozzo [Eq. (8.6)] definito in termini di produttività specifica Sy piuttosto che in termini di coefficiente di immagazzinamento S. La trasmissività T deve essere definita come T = Kb, dove b è lo spessore saturo iniziale. Jacob (1950) ha mostrato che questo approccio permette di prevedere abbassamenti molto vicini a quelli reali finché l’abbassamento è piccolo rispetto allo spessore saturo. Tale metodo si basa sulle approssimazioni di Dupuit (Paragrafo 5.5) e non vale quando i gradienti verticali diventano importanti.
Il terzo approccio, quello più ampiamente utilizzato, è basato sul concetto della risposta ritardata della tavola d’acqua. Questo approccio è stato introdotto da Boulton (1954, 1955, 1963) ed è stato sviluppato in maniera significativa da Neuman (1972, 1973b, 1975a). Si può osservare che gli abbassamenti della tavola d’acqua nei piezometri adiacenti i pozzi di estrazione in acquiferi non confinati tendono a diminuire ad una velocità minore di quanto previsto dalla soluzione di Theis. Infatti, esistono tre distinti segmenti che possono essere riconosciuti nelle curve tempo-abbassamento in condizioni non confinate. Durante il primo segmento, che copre solo un breve periodo di tempo dopo l’inizio dell’estrazione, un acquifero non confinato reagisce allo stesso modo di un acquifero confinato. L’acqua viene rilasciata istantaneamente dall’immagazzinamento a causa della compattazione dell’acquifero e dell’espansione dell’acqua. Durante il secondo segmento si avvertono gli effetti del drenaggio per gravità. Si verifica una diminuzione della pendenza della curva tempo-abbassamento rispetto alla curva di Theis, in quanto l’acqua recapitata al pozzo a causa del drenaggio che accompagna l’abbassamento della tavola d’acqua è maggiore di quella che verrebbe recapitata a seguito dello stesso abbassamento della superficie potenziometrica in un acquifero confinato. Nel terzo segmento, che si presenta a tempi maggiori, la curva tempo-abbassamento tende ancora una volta a conformarsi alla curva di Theis.
Boulton (1963) ha prodotto una soluzione matematica semi-empirica che riproduce tutti e tre i segmenti della curva tempo-abbassamento in un acquifero non confinato. La sua soluzione, benché sia utile nella pratica, ha richiesto la definizione di un indice di ritardo empirico che non è stato chiaramente connesso a nessun fenomeno fisico. Negli ultimi anni è stata svolta molta ricerca (Neuman, 1972; Streltsova, 1972; Gambolati, 1976) indirizzata a svelare i processi fisici responsabili di una risposta ritardata in acquiferi non confinati. Adesso è chiaro che l’indice di ritardo non è una costante dell’acquifero, come aveva originariamente assunto Boulton. Esso è legato alle componenti verticali del flusso che vengono indotte nel sistema di flusso ed è apparentemente una funzione del raggio r e forse del tempo t.
Anche la soluzione di Neuman (1972, 1973b, 1975a) riproduce tutti e tre i segmenti della curva tempo-abbassamento e non richiede la definizione di alcuna costante empirica. Il metodo di Neuman riconosce l’esistenza delle componenti verticali del flusso e la soluzione generale per l’abbassamento h0 – h è una funzione sia di r che di z, come definito in Figura 8.11. La sua soluzione generale può essere ridotta ad una che è funzione solo di r se si considera un abbassamento medio. La sua complessa soluzione analitica può essere rappresentata in una forma semplificata come
(8.12)
dove W(uA, uB, η) è nota come funzione di pozzo non confinata e η = r2/b2. La Figura 8.12 è un grafico di questa funzione per diversi valori di η. Le curve di tipo A che crescono sul lato sinistro della curva di Theis in Figura 8.12, e che sono derivate per tempi piccoli, sono date da
(8.13)
dove
ed S è il coefficiente di immagazzinamento elastico responsabile del rilascio istantaneo di acqua al pozzo. Le curve di tipo B, che sono asintotiche alla parte destra della curva di Theis in Figura 8.12 e che sono utilizzate a tempi maggiori, sono date da
(8.14)
dove
ed Sy è la produttività specifica responsabile del rilascio ritardato di acqua al pozzo.
Per un acquifero anisotropo con conducibilità idraulica orizzontale e conducibilità idraulica verticale , il parametro è dato da
(8.15)
Se l’acquifero è isotropo, Kz = Kr e η = r2/b2. La trasmissività T è definita come T = Krb. Le equazioni dalla (8.12) alla (8.15) sono valide solo se Sy S e h0 – h
b.
La previsione dell’abbassamento medio del carico idraulico ad una qualsiasi distanza radiale r da un pozzo di estrazione e per qualsiasi istante t può essere ottenuta dalle equazioni dalla (8.13) alla (8.15) dati Q, S, Sy, Kr, Kz e b.
Sistemi multi-pozzo, portate di estrazione intensificate, recupero del pozzo e penetrazione parziale
L’abbassamento del carico idraulico in ogni punto di un acquifero confinato in cui sono attivi più pozzi di estrazione è uguale alla somma degli abbassamenti che deriverebbero da ognuno dei singoli pozzi. La Figura 8.13 rappresenta schematicamente l’abbassamento h0 – h in un punto B posizionato tra due pozzi di estrazione con portate Q1 = Q2. Se Q1 ≠ Q2, la simmetria del diagramma sul piano A – A’ verrebbe persa ma i principi restano gli stessi.
Per un sistema con n pozzi di estrazione con portate Q1, Q2, . . . Qn, la somma aritmetica delle soluzioni di Theis porta alla seguente equazione, che permette di predire l’abbassamento del carico idraulico in un punto la cui distanza radiale da ogni pozzo sia data da r1, r2, . . . rn
(8.16)
dove
e ti è l’istante di tempo dall’inizio dell’estrazione per il pozzo con portata Qi.
La somma dei singoli abbassamenti è un’applicazione del principio di sovrapposizione delle soluzioni. Questo approccio è valido in quanto l’equazione di flusso [Eq. (8.1)] per un flusso transitorio in un acquifero confinato è lineare (cioè non esistono termini della forma ∂h/∂r · ∂h/∂t). Un’altra applicazione del principio di sovrapposizione è nel caso di un singolo pozzo con portata di estrazione iniziale pari a Q0, che viene poi incrementata fino a valori Q1, Q2, . . . Qm in modo graduale mediante l’aggiunta dei termini ΔQ1, ΔQ2, . . . ΔQm. L’abbassamento del carico idraulico ad una distanza radiale dal pozzo di estrazione è dato da
(8.17)
dove
e tj è l’istante di tempo dall’inizio dell’estrazione con portata Qj.
Una terza applicazione del principio di sovrapposizione è il recupero di un pozzo dopo che l’estrazione è cessata. Se t è il tempo dall’inizio dell’estrazione e t’ è il tempo dalla fine dell’attività estrattiva, l’abbassamento del carico idraulico ad una distanza radiale r dal pozzo è data da
(8.18)
dove
La Figura 8.14 mostra schematicamente l’abbassamento del carico idraulico indotto durante il periodo di estrazione e gli abbassamenti residui durante il periodo di recupero.
Non è sempre possibile, o necessariamente auspicabile, progettare un pozzo che penetra completamente un acquifero. Questo è particolarmente vero per gli acquiferi non confinati, ma potrebbe essere il caso di spessi acquiferi confinati. Anche per pozzi che penetrano completamente un acquifero, gli intervalli filtrati possono essere realizzati su una sola porzione dello spessore dell’acquifero.
La penetrazione parziale crea dei gradienti di flusso verticali in prossimità del pozzo che rendono inaccurate le soluzioni previsionali sviluppate per le penetrazioni complete. Hantush (1962) ha presentato degli adattamenti della soluzione di Theis per pozzi che penetrano parzialmente un acquifero, mentre Hantush (1964) ha revisionato queste soluzioni per acquiferi confinati e semiconfinati. Dagan (1967), Kipp (1973) e Neuman (1974) hanno considerato gli effetti della penetrazione parziale in acquiferi non confinati.
Acquiferi delimitati
Quando un acquifero confinato è delimitato su un lato da un bordo rettilineo impermeabile, gli abbassamenti del carico idraulico vicino al bordo dovuti alle estrazioni saranno maggiori [Figura 8.15 (a)] rispetto a quanto previsto sulla base dell’equazione di Theis per un acquifero con un’infinita estensione areale. Al fine di predire gli abbassamenti del carico idraulico in tali sistemi, il metodo delle immagini, che viene ampiamente utilizzato nella teoria del flusso di calore, è stato adattato per applicazioni in ambiente sotterraneo (Ferris et al., 1962).
Con questo approccio, il sistema delimitatoreale viene rimpiazzato, per gli scopi dell’analisi, da un sistema immaginariocon un’infinita estensione areale [Figura 8.15 (b)]. In questo sistema sono presenti due pozzi: il pozzo reale sulla sinistra e un pozzo immaginario sulla destra. Il pozzo immaginario ha una portata di estrazione Q uguale a quella del pozzo reale ed è posizionato alla stessa distanza, x1, dal bordo. Se si sommano le due componenti dell’abbassamento nel sistema infinito (come fatto nel caso di due pozzi mostrato in Figura 8.13), è chiaro che la geometria di questa estrazione crea un bordo impermeabile immaginario (cioè un bordo attraverso il quale non si verifica flusso) nel sistema infinito nell’esatta posizione del bordo impermeabile reale nel sistema delimitato. Con riferimento alla Figura 8.15 (c), l’abbassamento del carico idraulico in un acquifero delimitato da un bordo impermeabile è dato da
(8.19)
dove
È possibile utilizzare lo stesso approccio per predire gli abbassamenti del carico idraulico che si verificano in un acquifero confinato vicino ad un bordo a carico idraulico imposto, come nel caso un po’ irrealistico di un corso d’acqua completamente penetrante [Figura 8.15 (d)]. Per questo caso, il sistema infinito immaginario [Figura 8.15 (e)] include il pozzo di estrazione reale e un pozzo di ricarica immaginario. La somma del cono di depressione indotto dal pozzo di estrazione e dell’innalzamento del livello dovuto alla ricarica porta ad ottenere un’espressione per l’abbassamento del carico idraulico in un acquifero delimitato da un bordo a carico idraulico imposto:
(8.20)
dove ur ed ui sono definiti in connessione con l’Eq. (8.19).
È possibile utilizzare l’approccio del pozzo immaginario per fornire previsioni circa l’abbassamento del carico idraulico in sistemi con più di un bordo. In Ferris et al. (1962) sono state discusse diverse configurazioni geometriche. Una delle più realistiche (Figura 8.16) si applica ad un pozzo di estrazione in un acquifero alluvionale confinato in una valle fluviale più o meno regolare. Per questo caso, il sistema infinito immaginario deve includere il pozzo di estrazione reale R, un pozzo immaginario I1 equidistante dal bordo impermeabile sulla sinistra e un pozzo immaginario I2 equidistante dal bordo impermeabile sulla destra. Questi pozzi immaginari comportano la necessità di avere ulteriori pozzi immaginari. Ad esempio, I3 riflette l’effetto di I2 attraverso il bordo sulla sinistra e I4 riflette l’effetto di I1 attraverso il bordo sulla destra. Il risultato è una sequenza di pozzi di estrazione immaginari che si estende all’infinito in ogni direzione. L’abbassamento del carico idraulico nel punto P in Figura 8.16 è la somma degli effetti di questa sequenza infinita di pozzi. In pratica, i pozzi immaginari devono essere aggiunti finché la coppia di pozzi più lontana produce un effetto trascurabile sulla risposta del livello della falda (Bostock, 1971).
La risposta di acquitardi ideali
Il caso geologicamente più comune di acquiferi confinati che possono essere sfruttati è quello di sistemi sedimentari con intercalazione di orizzonti acquiferi e acquitardi. In molti casi gli acquitardi sono molto più spessi degli acquiferi e, benché le loro permeabilità siano scarse, le capacità di immagazzinamento possono essere molto elevate. All’inizio dell’attività estrattiva, la maggior parte dell’acqua estratta deriva dalla depressurizzazione dell’acquifero in cui è filtrato il pozzo. Successivamente entrano in gioco le proprietà di dispersione degli acquitardi e per tempi ancora maggiori la maggior parte dell’acqua prodotta dal pozzo è dovuta alle perdite dall’acquitardo. In molti sistemi acquifero-acquitardo, gli acquitardi forniscono acqua e gli acquiferi la trasmettono ai pozzi. Diventa quindi importante essere in grado di predire la risposta degli acquitardi e degli acquiferi.
Nella precedente discussione sugli acquiferi semiconfinati sono state introdotte due teorie: la teoria di Hantush-Jacob, che utilizza le curve di W(u, r/B) in Figura 8.8, e la teoria di Neuman-Whiterspoon, che utilizza le curve di W(u, r/B11, r/B21, β11, β21) in Figura 8.9. Poiché la teoria di Hantush-Jacob non include le proprietà di immagazzinamento dell’acquitardo, questa non è adatta per prevedere la risposta di un acquitardo. La soluzione di Neuman-Whiterspoon, nella forma dell’Eq. (8.11), può essere utilizzata per predire il carico idraulico h(r, z, t) a qualsiasi quota z nell’acquitardo (Figura 8.7) per qualsiasi istante di tempo t, a qualsiasi distanza radiale r dal pozzo. In molti casi, comunque, potrebbe essere sufficiente utilizzare un approccio più semplice. Se la conducibilità idraulica degli acquitardi è almeno 2 ordini di grandezza minore della conducibilità idraulica degli acquiferi, si può assumere che il flusso negli acquiferi sia orizzontale e che le perdite dagli acquitardi siano verticali. Se si può prevedere h(r, t) in un punto di un acquifero, o se ne ha una misura diretta, è possibile di solito prevedere il carico idraulico h(z, t) in un punto sovrastante nell’acquitardo applicando la teoria del flusso unidimensionale sviluppata da Karl Terzaghi, il fondatore della moderna meccanica dei suoli.
Si consideri un acquitardo di spessore b’ (Figura 8.17) posto tra due acquiferi produttivi. Se la condizione iniziale è un carico idraulico costante h = h0 nell’acquitardo, e se gli abbassamenti del carico idraulico negli acquiferi adiacenti possono essere rappresentati mediante una funzione a gradino Δh, il sistema può essere rappresentato dal seguente problema al contorno unidimensionale.
Dall’Eq. (2.76), la forma unidimensionale dell’equazione di flusso è
(8.21)
dove i parametri con gli apici si riferiscono alle proprietà dell’acquitardo. La condizione iniziale è
h(z, 0) = h0
e le condizioni al contorno sono
h(0, t) = h0 – Δh
h(b’, t) = h0 – Δh
Terzaghi (1925) ha fornito una soluzione analitica a questo problema al contorno. Egli ha osservato che per le argille n’β α’ nell’Eq. (8.21). Egli ha raggruppato i restanti parametri dell’acquitardo in un singolo parametro cv, noto come coefficiente di consolidamento e definito come
(8.22)
Egli ha definito inoltre il fattore di tempo adimensionale, Tf, come
(8.23)
Dato il parametro dell’acquitardo cv e il parametro geometrico b’, è possibile calcolare Tf a qualsiasi istante di tempo t.
La Figura 8.17 è una rappresentazione grafica della soluzione di Terzaghi h(z, Tf). Essa permette di calcolare il carico idraulico a qualsiasi quota It allows the prediction of the hydraulic head at any elevation z e per qualsiasi istante di tempo t in un acquitardo delimitato al tetto e al letto da due acquiferi produttivi e di stimare l’abbassamento del carico idraulico nei due acquiferi Δh. È anche possibile interpretare questa soluzione per un acquitardo che drena solo un acquifero. Ad esempio, se il bordo inferiore dell’acquitardo in Figura 8.17 è impermeabile, solo la metà superiore delle curve mostrate in quella figura verranno utilizzate per il calcolo di h(z, t). La linea passa attraverso il centro della figura e i parametri cy e Tf sono stati definiti sopra. Wolff (1970) ha descritto un caso che utilizza il concetto di risposta di un acquitardo in 1D.
Come discusso nel Paragrafo 8.6, le previsioni della risposta di un acquitardo e l’applicazione inversa di questa teoria per determinare i parametri dell’acquitardo sono importanti anche per stimare la migrazione di un contaminante (Capitolo 9) e i fenomeni di subsidenza (Paragrafo 8.12).
Il mondo reale
Ognuna delle soluzioni analitiche presentate in questo paragrafo descrive la risposta all’estrazione in una rappresentazione molto idealizzata delle reali configurazioni che un acquifero può assumere. Nel mondo reale gli acquiferi sono eterogenei e anisotropi, hanno di solito spessore variabile e di sicuro non si estendono all’infinito. Se si tratta di acquiferi delimitati, non esistono bordi rettilinei che garantiscano un confinamento perfetto. Nel mondo reale gli acquiferi si generano a seguito di processi geologici che portano a stratificazioni irregolari, interdigitazione di strati e compressione ed evoluzioni di acquiferi ed acquitardi. I calcoli che possono essere fatti con le espressioni analitiche presentate in questo paragrafo devono essere considerati come delle buone stime. Tali espressioni hanno maggiore valore quanto più il contesto idrogeologico reale si avvicina alla configurazione ideale.
In generale le equazioni sull’idraulica dei pozzi sono applicabili principalmente quando l’oggetto dell’analisi è un pozzo o un campo pozzi. Tali equazioni non sono applicabili su più larga scala, nel caso in cui l’oggetto dell’analisi sia un intero acquifero o un bacino idrogeologico. I rendimenti su breve termine attorno ai pozzi sono fortemente dipendenti dalla proprietà dell’acquifero e dalla geometria del campo pozzi, aspetti che sono stati tenuti in considerazione nelle equazioni sull’idraulica dei pozzi. I rendimenti su lungo termine alla scala di un acquifero sono maggiormente controllati dalla natura dei bordi. Gli studi sugli acquiferi su larga scala sono di solito eseguiti con l’aiuto di modelli basati su simulazioni numeriche o tecniche elettriche analogiche. Questi approcci saranno discussi nei Paragrafi 8.8 e 8.9.
Le formule sviluppate in questo paragrafo e le tecniche di simulazione descritte nei paragrafi successivi permettono di calcolare gli abbassamenti del carico idraulico generate in un acquifero in risposta allo sfruttamento delle acque sotterranee per mezzo di pozzi. Ciò richiede in input i tre parametri idrogeologici di base: la conducibilità idraulica, K, la porosità, n e la comprimibilità, α; oppure i due parametri derivati di un acquifero: la trasmissività, T, e il coefficiente di immagazzinamento, S. Esiste un’ampia varietà di tecniche che possono essere utilizzate per misurare questi parametri. Nel prossimo paragrafo si discuterà di prove di laboratorio, nel Paragrafo 8.5 di prove in piezometri e nel Paragrafo 8.6 di prove in pozzo o prove di portata. Nel Paragrafo 8.7 verranno esaminate alcune tecniche di stima e nel Paragrafo 8.8 si discuterà della determinazione dei parametri di un acquifero mediante simulazioni inverse. Le formule presentate in questo paragrafo sono alla base delle prove di portata descritte nel Paragrafo 8.6.
8.4 Misure di parametri: prove di laboratorio
Le prove di laboratorio descritti in questo paragrafo possono essere considerati per fornire valori puntuali dei principali parametri idrogeologici. Queste prove vengono eseguiti su piccoli campioni raccolti durante prove di perforazione o durante la mappatura di depositi superficiali. Se i campioni sono indisturbati, i valori misurati possono essere considerati rappresentativi dei valori puntuali in situ. Per le sabbie e le ghiaie, perfino i campioni disturbati possono portare a valori utili. Vengono qui descritti dei metodi per la determinazione della conducibilità idraulica, della porosità e della comprimibilità in condizioni sature; verranno inoltre fornite delle referenze per la determinazione delle curve caratteristiche relative al contenuto di umidità, l’altezza di pressione e la conducibilità idraulica in condizioni insature. Verranno enfatizzati i principi; per una più completa descrizione degli apparati utilizzati e delle indicazioni più dettagliate sulle procedure di laboratorio si rimanda al manuale sulle analisi dei suoli a cura di Lambe (1951), al manuale sulla permeabilità della American Society of Testing Materials (1967) oppure alla raccolta di articoli sui metodi di analisi dei suoli a cura di Black (1965). La presente discussione è principalmente legata ai suoli più che alle rocce, ma i principi di misura sono gli stessi. Il testo sulla meccanica delle rocce a cura di Jaeger (1972) discute le procedure di analisi delle rocce.
Conducibilità idraulica
La conducibilità idraulica, K, è stata definita nel Paragrafo 2.1 e la sua relazione con la permeabilità, k, è stata trattata nel Paragrafo 2.3. La conducibilità idraulica satura di un campione di suolo può essere misurata con due tipi di apparati in laboratorio. Il primo tipo, noto come permeametro a carico costante, è mostrato in Figura 8.18 (a); il secondo tipo, il permeametro a carico variabile, è mostrato in Figura 8.18 (b).
In una prova a carico costante, un campione di suolo di lunghezza L e area della sezione trasversale pari ad A viene racchiuso tra due piastre porose in un tubo cilindrico, fino a creare una differenza di carico idraulico H ai due estremi del campione. Una semplice applicazione della legge di Darcy porta a scrivere l’espressione
(8.24)
dove Q è la portata volumetrica costante attraverso il sistema. È importante che non ci sia aria intrappolata nel sistema e per tale motivo è bene utilizzare acqua disaerata. Se nel permeametro sono presenti campioni indisturbati, questi devono essere attentamente saturati dal basso.
In una prova a carico variabile [Figura 8.18 (b)], il carico idraulico misurato in un tubo con una sezione trasversale a può diminuire dal valore H0 al valore H1 nell’intervallo di tempo t. La conducibilità idraulica è calcolata mediante la formula
(8.25)
Questa equazione può essere derivata (Todd, 1959) da un semplice problema al contorno che descrive il flusso transitorio unidimensionale attraverso il campione di suolo. Perché l’abbassamento del carico idraulico sia facilmente misurabile in un intervallo di tempo finito, è necessario scegliere il diametro del tubo considerando il tipo di suolo da testare. Secondo Lambe (1951), per una sabbia grossolana un tubo di diametro approssimativamente uguale a quello del permeametro di solito è sufficiente, mentre un limo fine necessiterebbe di un tubo il cui diametro sia un decimo del diametro del permeametro. Lambe suggerisce anche che venga contrassegnato sul tubo il punto . Se il tempo necessario per avere un abbassamento del carico idraulico da H0 a
non coincide con quello necessario per avere un abbassamento da
ad H1, allora la prova non ha funzionato correttamente e deve essere eseguito un controllo per individuare perdite o aria intrappolata.
Klute (1965a) ha notato che il sistema a carico costante è più adatto per campioni con conducibilità maggiori di 0.01 cm/min, mentre il sistema a carico variabile è più adatto per campioni con conducibilità più bassa. Egli ha anche notato che non sono generalmente richieste misure elaborate e accurate per la determinazione della conducibilità di campioni di campo. La variabilità tra i campioni di solito è talmente ampia che una determinazione precisa della conducibilità di un dato campione non è garantita.
Per materiali argillosi la conducibilità idraulica è comunemente determinata mediante una prova di consolidamento, che è descritto di seguito nel sotto-paragrafo sulla comprimibilità.
Porosità
In principio la porosità, n, così com’è definita nel Paragrafo 2.5, verrebbe più facilmente misurata saturando un campione, misurando il suo volume, VT, pesandolo e poi essiccandolo in forno fino ad un peso costante a 105°C. Il peso dell’acqua rimossa può essere convertito in un volume conoscendo la densità dell’acqua. Questo volume è equivalente al volume dei vuoti, Vv; e la porosità può essere calcolata come n = Vv/VT.
In pratica è piuttosto difficile saturare esattamente e completamente un campione di un dato volume. Di solito si fa uso della relazione (Vomocil, 1965)
(8.26)
che può essere ottenuta mediante semplici manipolazioni aritmetiche della definizione base della porosità. Nell’Eq. (8.26) ρb è la densità della matrice e ρs è la densità della particella. La densità della matrice è la massa essiccata del campione divisa per il suo volume di campo. La densità della particella è la massa essiccata del campione divisa per il volume delle particelle solide, come determinato da una prova di rimozione dell’acqua. Se non è richiesta una grande accuratezza è possibile assumere che ρs sia 2.65 g/cm3per molti minerali dei suoli.
Comprimibilità
La comprimibilità di un messo poroso è stata definita nel Paragrafo 2.9 con l’aiuto della Figura 2.9. Si tratta di una misura della diminuzione volumetrica relativa che si verificherebbe in un suolo sotto l’effetto di un aumento dello sforzo efficace. La comprimibilità viene misurata in un apparato di consolidamento del tipo comunemente utilizzato dagli ingegneri del suolo. In questa provaviene posizionato un campione di suolo in una cella di carico del tipo mostrato schematicamente in Figura 2.19 (a). Un carico L viene applicato alla cella, creando uno sforzo σ, dove σ = L/A, A e A è l’area della sezione trasversale del campione. Se il campione di suolo è saturo e la pressione del fluido ai bordi del campione è la pressione atmosferica (cioè il campione è drenante), allora lo sforzo efficace, σe, che porta al consolidamento del campione è uguale allo sforzo applicato, σ.
La diminuzione dello spessore del campione, b, viene misurata dopo il raggiungimento dell’equilibrio ad ogni incremento del carico e i risultati vengono convertiti in un grafico del rapporto dei vuoti, e, in funzione dello sforzo efficace, σe, come mostrato in Figura 2.19 (b). La comprimibilità, α, è determinata dalla pendenza di questo grafico come
(8.27)
dove e0 è il rapporto dei vuoti iniziale prima del carico. Come osservato nel Paragrafo 2.9, α è una funzione dello sforzo applicato e dipende dai carichi precedenti.
Lambe (1951) descrive i dettagli della procedura di test. Il metodo di carico più comune è un sistema a leva sul quale vengono applicati dei pesi noti. Esistono due tipi di celle di carico di uso comune. Nel contenitore ad anello fisso [Figura 8.19 (a)] il moto del campione relativamente al contenitore è verso il basso. Nel contenitore ad anello galleggiante [Figura 8.19 (b)] la compressione si verifica verso la metà tra il tetto e il letto. Nel contenitore ad anello galleggiante l’effetto della frizione tra la parete del contenitore e il campione di suolo è minore che nel contenitore adanello fisso. In pratica è difficile determinare l’entità dell’attrito in ogni caso e, poiché si ritiene che il suo effetto sia minore, essa di solito viene trascurata. Le sabbie incoerenti vengono di solito testate come campioni indisturbati. Le argille coesive devono essere attentamente aggiustate per essere adattate all’anello di consolidamento.
Nella terminologia della meccanica dei suoli la pendenza della curva e – σe è chiamata coefficiente di comprimibilità, av. La relazione tra av e α è data da
(8.28)
Più comunemente gli ingegneri del suolo riportano il rapporto dei vuoti, e, in funzione del logaritmo di σe. Se disegnata in questo modo, normalmente una significativa porzione della curva è una linea retta. La pendenza di questa linea è chiamata indice di comprimibilità, Cc, dove
(8.29)
Nelle applicazioni di ingegneria civile il tasso di consolidamento è importante quanto la quantità di consolidamento. Questo tasso dipende sia dalla comprimibilità, α, che dalla conducibilità idraulica, K. Come osservato dall’Eq. (8.22), gli ingegneri del suolo utilizzano un parametro noto come coefficiente di consolidamento, Cv, che è definito come
(8.30)
A qualsiasi livello di carico in una prova di consolidamento il campione subisce un processo di drenaggio transitorio (veloce per le sabbie, lento per le argille) che controlla il tasso di consolidamento del campione. Se il tasso di diminuzione dello spessore del campione viene registrato ad ogni incremento del carico, queste misure possono essere utilizzate nella maniera descritta da Lambe (1951) per determinare il coefficiente di consolidamento, Cv, e la conducibilità idraulica, K, del suolo.
Nel Paragrafo 8.12 verrà ulteriormente esaminato il meccanismo di consolidamento unidimensionale in connessione con l’analisi della subsidenza del terreno.
Curve caratteristiche per l’insaturo
Le curve caratteristiche, K(ψ) e θ(ψ), che mettono in relazione il contenuto di umidità, θ, e la conducibilità idraulica, K, all’altezza di pressione, ψ, in suoli insaturi sono state descritte nel Paragrafo 2.6. La Figura 2.13 riporta un esempio delle relazioni di isteresi che si osservano comunemente. I metodi utilizzati per determinare queste curve in laboratorio sono stati sviluppati esclusivamente dagli scienziati del suolo. Trattare l’ampia varietà di sofisticati strumenti di laboratorio disponibili non è negli scopi di questa trattazione. Per tale scopo si rimanda il lettore alla letteratura relativa alle scienze del suolo, in particolare alle revisioni di L. A. Richards (1965), Klute (1965b), Klute (1965c) e Bouwer & Jackson (1974).
8.5 Misure di parametri: prove in piezometro
È possibile determinarein situ i valori di conducibilità idraulica per mezzo di prove eseguite in un singolo piezometro. Verranno introdotti due di queste prove, uno adatto per piezometri puntuali aperti solo su un breve intervallo alla base e uno adatto per piezometri fenestrati o fessurati sull’intero spessore di un acquifero confinato. Entrambe le prove iniziano provocando una variazione istantanea del carico idraulico in un piezometro mediante un’improvvisa introduzione o rimozione di un volume noto di acqua. Viene poi osservato il ripristino del carico idraulico nel tempo. Quando l’acqua viene rimossa la prova viene spesso chiamata bail test; quando l’acqua viene introdotta la prova è nota come slug test (prova a carico variabile). È anche possibile creare lo stesso effetto introducendo o rimuovendo istantaneamente un cilindro solido di volume noto.
Il metodo di interpretare i valori del carico idraulico nel tempo durante un bail test o uno slug test dipende da quale delle due configurazioni è considerata la più rappresentativa. Il metodo di Hvorslev (1951) viene utilizzato per un piezometro puntuale, mentre quello di Cooper et al. (1967) viene utilizzato per un acquifero confinato. Si descriveranno di seguito entrambi i metodi.
La più semplice interpretazione dei dati di ripristino del piezometro è quella di Hvorslev (1951). La sua analisi iniziale assume un mezzo omogeneo, isotropo e infinito in cui sia il suolo che l’acqua sono incomprimibili. Con riferimento al bail test in Figura 8.20 (a), Hvorslev dedusse che il tasso di afflusso, q, all’estremità del piezometro per qualsiasi istante di tempo t è proporzionale alla conducibilità idraulica, K, del suolo e alla differenza di carico idraulico, H – h, mediante la seguente relazione
(8.31)
dove F è un fattore che dipende dalla forma e dalle dimensioni del piezometro. Se q = q0 al tempo t = 0, è chiaro che q(t) decresce asintoticamente a zero al trascorrere del tempo.
Hvorslev ha definito il tempo di ritardo, T0, come
(8.32)
Se si sostituisce questo parametro nell’Eq. (8.31), la soluzione dell’equazione differenziale ordinaria risultante, con condizione iniziale h = H0 a t = 0, è
(8.33)
Un grafico di H – h in funzione di t dovrebbe pertanto mostrare una diminuzione esponenziale del tasso di recupero nel tempo. Se, come mostrato in Figura 8.20 (b), il recupero viene normalizzato per H – H0 e rappresentato su scala logaritmica, si ottiene una linea retta. Si noti che per H – h/H – H0 = 0.37, ln(H – h/H – H0) = –1, e dall’Eq. (8.33) si ha T0 = t. Il tempo di ritardo, T0, può essere definito mediante questa relazione; se si desidera una relazione più fisica si può osservare, moltiplicando il numeratore e il denominatore dell’Eq. (8.32) per H – H0, che T0 è il tempo richiesto per il completo annullamento della differenza di carico idraulico nel caso in cui venga mantenuto il tasso di afflusso originario. Risulterebbe che T0 = V/q0, dove V è il volume di acqua rimossa o introdotta.
Per interpretare un insieme di dati di recupero, questi ultimi vengono disegnati come in Figura 8.20 (b). Il valore di T0 viene ricavato graficamente e K viene determinata dall’Eq. (8.32). Per un piezometro di lunghezza L e raggio R [Figura 8.20 (a)], con L/R > 8, Hvorslev (1951) ha valutato il fattore di forma, F. L’espressione risultante per K è
(8.34)
Hvorslev ha presentato anche delle formule per condizioni anisotrope e per un’ampia varietà di fattori di forma che trattano i casi di un piezometro aperto solo alla base e di un piezometro che incontra una formazione permeabile al di sotto di una impermeabile. Anche Cedergen (1967) elenca queste formule.
Nel campo dell’idrologia agricola sono state sviluppate diverse tecniche in situ, simili in principio al metodo di Hvorslev ma diverse nel dettaglio, per la misura della conducibilità idraulica satura. Boersma (1965) e Bouwer & Jackson (1974) propongono una revisione di questi metodi che prevedono fori di trivella e piezometri.
Per i bail test o slug test eseguiti in piezometri aperti sull’intero spessore di un acquifero confinato, Cooper et al. (1967) e Papadopoulos et al. (1973) hanno messo a punto una procedura di interpretazione della prova. La loro analisi è basata sulle stesse assunzioni della soluzione di Theis nel caso di estrazioni da un acquifero confinato. Contrariamente al metodo di analisi di Hvorslev, questo metodo prende in considerazione la comprimibilità sia della formazione sia dell’acqua. Viene utilizzata una procedura di corrispondenza delle curve per determinare i coefficienti dell’acquifero T ed S. La conducibilità idraulica K può essere poi determinata in base alla relazione K = T/b. Come per la soluzione di Theis, il metodo si basa sulla soluzione di un problema al contorno che coinvolge l’equazione del flusso di acque sotterranee in stato transitorio, Eq. (2.77). La matematica non verrà descritta in questo contesto.
Per la geometria di un bail test mostrata in Figura 8.21 (a), il metodo richiede la preparazione di un grafico dei dati di recupero nella forma H – h/H – H0 in funzione di t. Il grafico viene preparato su scala semilogaritmica con un formato inverso rispetto a quello della prova di Hvorslev; la scala di H – h/H – H0 è lineare, mentre la scala di t è logaritmica. La curva di campo viene poi sovrapposta alle curve mostrate in Figura 8.21 (b).
Con gli assi coincidenti, il grafico dei dati viene traslato orizzontalmente in una posizione in cui i dati riproducono meglio una delle curve di riferimento. Viene scelto un punto di incontro (o piuttosto un asse verticale coincidente) e i valori di t e W vengono letti sull’asse orizzontale e sull’asse verticale coincidente individuato della curva di campo e della curva di riferimento rispettivamente. Per semplicità di calcolo viene comunemente scelto un asse verticale coincidente a W = 1.0. La trasmissività T è quindi data da
(8.35)
dove i parametri sono espressi utilizzando un qualsiasi set di unità di misura consistenti.
In principio il coefficiente di immagazzinamento, S, può essere determinato dal valore di a della curva corrispondente e dall’espressione mostrata in Figura 8.21 (b). In pratica, poiché le pendenze delle varie curve di sono molto simili, la determinazione di S utilizzando questo metodo non è affidabile.
La principale limitazione degli slug test e dei bail test è che sono fortemente dipendenti dalla qualità del rivestimento del piezometro. Se l’intervallo fenestrato è corroso o intasato, i valori misurati possono essere inaccurati. Dall’altro lato, se un piezometro è trattato mediante sollevamento o controlavaggioprima della prova, i valori misurati possono riflettere l’aumento della conducibilità indotto artificialmente nel ghiaietto attorno al rivestimento.
È anche possibile determinare la conducibilità idraulica in un piezometro o in un singolo pozzo introducendo un tracciante nel foro. La concentrazione del tracciante diminuisce nel tempo sotto l’influenza del gradiente idraulico naturale che esiste in prossimità del pozzo. Questo approccio è noto come metodo di diluizione del pozzo ed è descritto più nel dettaglio nel Paragrafo 9.4.
8.6 Misure di parametri: prove di portata
In questo paragrafo viene descritto un metodo di misura dei parametri che è specificatamente adatto per la determinazione della trasmissività e del coefficiente di immagazzinamento in acquiferi confinati e non confinati. Mentre le prove di laboratorio forniscono valori puntuali dei parametri idrogeologici e le prove in piezometro forniscono valori in situ rappresentativi di un piccolo volume del mezzo poroso nelle immediate vicinanze del piezometro, le prove di portata forniscono misure in situ che vengono mediate su un ampio volume dell’acquifero.
La determinazione di T ed S da una prova di portata richiede una diretta applicazione delle formule sviluppate nel Paragrafo 8.3. In quel contesto è stato dimostrato che per una certa portata di estrazione, se T ed S sono note, è possibile calcolare la velocità di abbassamento del carico idraulico, h0 – h in funzione di t, in qualsiasi punto di un acquifero. Poiché questa risposta dipende soltanto dai valori di T ed S, dovrebbe essere possibile misurare h0 – h in funzione di t in alcuni punti di osservazione di un acquifero e lavorare all’indietro utilizzando le equazioni per determinare i valori di T ed S.
La successione di eventi che solitamente accompagna lo sfruttamento iniziale di un acquifero prevede (1) la perforazione di un pozzo di prova con uno o più piezometri di osservazione, (2) una prova di portata di breve periodo per determinare i valori di T ed S, (3) l’applicazione delle formule previsionali descritte nel Paragrafo 8.3, utilizzando i valori di T ed S determinati nella prova di portata per progettare un pozzo o dei pozzi che soddisfino la domanda di estrazione senza causare eccessivi abbassamenti del carico idraulico nel lungo termine. La questione relativa a cosa comporta un abbassamento “eccessivo” e a come gli abbassamenti e la resa di un pozzo sono connessi ai tassi di ricarica delle acque sotterranee e al naturale ciclo idrologico è discussa nel Paragrafo 8.10.
Si esaminerà adesso più nel dettaglio la metodologia relativa all’interpretazione di una prova di portata. Esistono due metodi comunemente utilizzati per calcolare i coefficienti di un acquifero dai dati di abbassamento del carico idraulico nel tempo. Entrambi gli approcci sono grafici. Il primo prevede la sovrapposizione di curve su un grafico logaritmico (il metodo di Theis), il secondo prevede un’interpretazione su un grafico semi-logaritmico (il metodo di Jacob).
Sovrapposizione di curve di riferimento su un grafico logaritmico
Si considerino dei dati relativi ad un acquifero la cui geometria sia molto vicina a quella della configurazione di Theis. Come spiegato in riferimento alla Figura 8.5, l’abbassamento del carico idraulico nel tempo in un piezometro che si attesta in un acquifero di questo tipo avrà sempre la forma della curva di Theis, indipendentemente dai valori di T ed S dell’acquifero. Comunque, per elevati valori di T l’abbassamento misurato raggiungerà il punto di osservazione più velocemente che per bassi valori di T e i dati di abbassamento inizieranno ad approcciarsi più velocemente alla curva di Theis. Theis (1935) ha suggerito la seguente procedura grafica per sfruttare questa proprietà di corrispondenza della curva:
- Disegnare la funzione W(u) in funzione di 1/u su un grafico logaritmico. (Tale grafico con una risposta teorica adimensionale è noto come curva di riferimento.)
- Riportare i valori misurati di abbassamento nel tempo, h0 – h in funzione di t, su un grafico logaritmico della stessa dimensione e scala della curva di W(u) in funzione di 1/u.
- Sovrapporre la curva di campo e la curva di riferimento mantenendo gli assi paralleli. Aggiustare le curve in modo che la maggior parte dei dati osservati si sovrappongano sulla curva di riferimento.
- Selezionare un punto di sovrapposizione arbitrario e dedurre i valori di W(u), 1/u, h0 – h e t in corrispondenza di quel punto. Calcolare u da 1/u.
- Utilizzare questi valori, insieme alla portata Q e alla distanza radiale r dal pozzo al piezometro, e calcolare T dalla relazione
(8.36)
- Calcolare S dalla relazione
(8.37)
Le Equazioni (8.36) e (8.37) derivano direttamente dalle Eq. (8.7) e (8.6). Esse sono valide per un qualsiasi sistema di unità di misura consistenti. Alcuni autori preferiscono presentare le equazioni nella forma
(8.38)
(8.39)
dove i coefficienti A e B dipendono dalle unità utilizzate per i vari parametri. Per unità SI, con h0 – h ed r misurati in metri, t in secondi, Q in m3/s e T in m2/s, A = 0.08 e B = 0.25. Nel caso di un set di unità di misura utilizzato in Nord America, con h0 – h ed r misurati in piedi, t in giorni, Q in U.S. gal/min e T in U.S. gal/giorni/piedi, A = 114.6 e B = 1.87. Per Q e T in termini di galloni Imperiali, A resta immutato e B = 1.56.
La Figura 8.22 illustra la procedura di sovrapposizione delle curve e i calcoli per un set di dati di campo. Questi dati sono gli stessi di quelli calcolati e presentati in Figura 8.5 (b). Sarebbe probabilmente più intuitivo se il punto di sovrapposizione fosse scelto sulle porzioni coincidenti delle curve sovrapposte. Comunque, mediante dei calcoli rapidi è possibile dedurre che è ugualmente valido scegliere il punto di sovrapposizione in qualunque punto sulle curve sovrapposte una volta che queste sono state fissate nelle corrette posizioni relative. Per semplicità di calcolo il punto di sovrapposizione è scelto di solito per W(u) = 1.0 e u = 1.0.
La tecnica di sovrapposizione delle curve su un grafico logaritmico può anche essere utilizzata per acquiferi semiconfinati (Walton, 1962) e acquiferi non confinati (Prickett, 1965; Neuman, 1975a). La Figura 8.23 fornisce una revisione comparativa della geometria di questi sistemi e dei tipi di dati attesi per h0 – h in funzione di t in un piezometro in ognuno di questi casi. A volte i dati di abbassamento nel tempo mostrano inaspettatamente una di queste forme, indicando così una configurazione geologica che non era stata riconosciuta durante la fase di esplorazione dell’acquifero.
Per acquiferi semiconfinati i dati di abbassamento di carico idraulico nel tempo possono essere sovrapposti sulle curve di riferimento mostrate in Figura 8.8. Il valore di r/B della curva sovrapposta, insieme ai valori di W(u, r/B), u, h0 – h e t nel punto di sovrapposizione, possono essere sostituiti nelle Equazioni (8.6), (8.8) e (8.9) per ottenere i coefficienti dell’acquifero T ed S. Poiché lo sviluppo delle soluzioni di r/B non include considerazioni sul coefficiente di immagazzinamento dell’acquitardo, un approccio basato sulla sovrapposizione della curva di r/B non è adatto per la determinazione della conducibilità dell’acquitardo K’. Come sottolineato nel precedente paragrafo sulla risposta di un acquitardo, esistono diverse configurazioni acquifero-acquitardo in cui le proprietà disperdenti degli acquitardi sono più importanti nel determinare la produttività di un acquifero sul lungo termine piuttosto che i parametri dell’acquifero. In questi casi è necessario progettare una prova di portata con una configurazione con piezometri che si attestano sia negli acquitardi che negli acquiferi. È possibile poi utilizzare la procedura per una prova di portata sottolineata da Neuman & Witherspoon (1972), che utilizza la loro soluzione più generale per acquiferi non confinati riportata nelle Equazioni (8.6), (8.10) e (8.11). Questi presentano un metodo che elimina la necessità di sovrapporre dati di campo a curve di riferimento complesse come quelle in Figura 8.9. Il metodo richiede solo di utilizzare le curve di Theis per la sovrapposizione e i calcoli sono relativamente semplici.
Come approccio alternativo (Wolff, 1970), è possibile dedurre un valore di Tf dalla Figura 8.17 dato un valore di carico idraulico h misurato in un piezometro che si attesta in un acquitardo alla quota z e al tempo t. Conoscendo lo spessore dell’acquitardo, b’, è possibile risolvere l’Eq. (8.23) per cv. Se è possibile stimare un valore di α, l’Eq. (8.22) può essere risolta per K’.
Per acquiferi non confinati i dati di abbassamento del carico idraulico nel tempo dovrebbero essere sovrapposti sulle curve tipo non confinate di Figura 8.12. Il valore di η della curva sovrapposta, insieme ai valori di W(uA, uB, η), uA, uB, h0 – h e t nel punto di sovrapposizione, possono essere sostituiti nelle Equazioni dalla (8.13) alla (8.15) per ottenere i coefficienti dell’acquifero T, S ed Sy. Moench & Prickett (1972) hanno discusso l’interpretazione dei dati in siti dove l’abbassamento del carico idraulico ha provocato una conversione da condizioni confinate a condizioni non confinate.
La Figura 8.23 (d) mostra la risposta su grafico logaritmico che ci si aspetterebbe in prossimità di un bordo impermeabile o a carico idraulico costante. Tuttavia, i sistemi delimitati vengono più facilmente analizzati con un approccio semi-logaritmico descritto di seguito.
Grafici semi-logaritmici
Il metodo semi-logaritmico di interpretazione delle prove di portata si basa sul fatto che l’integrale esponenziale, W(u), nelle Equazioni (8.5) e (8.7) può essere rappresentato mediante una serie infinita. La soluzione di Theis diventa dunque
(8.40)
Cooper & Jacob (1946) hanno notato che per piccoli valori di u la serie che appare dopo diventa trascurabile, per cui
(8.41)
Sostituendo l’Eq. (8.6) per u, e notando che n u = 2.3 log u, che –ln u = ln u, e che ln 1.78 = 0.5772, l’Eq. (8.41) diventa
(8.42)
Poiché Q, r, T ed S sono costanti, è chiaro che h0 – h in funzione del logaritmo di t assume la forma di una linea retta.
La Figura 8.24 (a) mostra i dati di abbassamento del carico idraulico nel tempo della Figura 8.22 riportati su un grafico semi-logaritmico. Se Δh è l’abbassamento per un ciclo logaritmico del tempo e t0 è l’intercetta in cui la linea dell’abbassamento interseca l’asse del tempo, a seguito di ulteriori manipolazioni dell’Eq. (8,42) si ottiene che i valori di T ed S, utilizzando un set consistente di unità di misura, sono dati da
(8.43)
(8.44)
Come per i metodi logaritmici, queste equazioni possono essere riscritte come:
(8.45)
(8.46)
dove C e D sono coefficienti che dipendono dalle unità utilizzate. Per Δh ed r in metri, t in secondi, Q in m3/s e T in m2/s, si ha C = 0.18 e D = 2.25. Per Δh ed r in piedi, t in giorni, Q in U.S. gal/min e T in galloni Imperiali, si ha C = 264 e D = 0.36.
Todd (1959) afferma che il metodo semi-logaritmico è valido per u < 0.01.. Un esame della definizione di u [Eq. (8.6)] mostra che questa condizione è soddisfatta con maggiore probabilità per piezometri con r piccolo e per t grande.
Il metodo semi-logaritmico è adatto per l’analisi di acquiferi confinati delimitati. Come visto in precedenza, l’influenza di un bordo è equivalente a quella di un pozzo immaginario di ricarica o di estrazione. Nel caso di un bordo impermeabile, ad esempio, l’effetto di un ulteriore pozzo di estrazione immaginario è di duplicare la pendenza della curva di h0 – h in funzione del logaritmo di t [Figura 8.24 (b)]. I coefficienti dell’acquifero S e T dovrebbero essere calcolati mediante le Equazioni (8.43) e (8.44) sul primo ramo del grafico (prima che si avverta l’influenza del confine). Il tempo t1 al quale si verifica la variazione di pendenza può essere utilizzato insieme all’Eq. (8.19) per calcolare ri, la distanza tra il piezometro e il pozzo immaginario [Figura 8.15 (c)]. Sono necessarie misure su tre piezometri per posizionare in maniera inequivocabile il bordo nel caso in cui questo non sia noto da prove geologiche.
Vantaggi e svantaggi delle prove di portata
La determinazione delle costanti di un acquifero mediante prove di portata è diventata un passo fondamentale nella valutazione del potenziale idrico sotterraneo. In pratica esiste molta documentazione per la buona riuscita di una prova di portata e il lettore interessato ad approfondire su questo argomento può riferirsi a Kruseman & de Ridder (1970) e Stallman (1971) per consigli dettagliati sulla progettazione delle geometrie delle prove di portata e ai casi di studio presentati da Walton (1970).
I vantaggi del metodo sono probabilmente ovvi. Una prova di portata fornisce i valori dei parametri in situ e questi valori sono, in effetti, mediati su un volume dell’acquifero ampio e rappresentativo. Da una singola prova si possono ottenere informazioni sia sulla conducibilità (mediante la relazione K = T/b) che sulle proprietà di immagazzinamento. In sistemi acquifero-acquitardo è possibile ottenere informazioni sulle importanti proprietà di dispersione del sistema se le osservazioni vengono fatte negli acquitardi e negli acquiferi.
Esistono due svantaggi, uno scientifico e uno pratico. La limitazione scientifica è legata alla non unicità dell’interpretazione di una prova di portata. Una lettura della Figura 8.23 (b), (c) e (d) indica una similarità nelle curve di abbassamento in funzione del tempo per sistemi semiconfinati, non confinati e delimitati. A meno che non ci sia una chiara evidenza geologica che possa indirizzare l’interpretazione degli idrogeologi, sarà difficile fornire un’unica previsione degli effetti di uno schema di estrazione. Il fatto che una curva teorica possa essere utilizzata per sovrapporre i dati di una prova di portata non dimostra in alcun modo che per quell’acquifero valgono le assunzioni su cui si basa quella curva.
Lo svantaggio pratico del metodo è nel costo. L’installazione dei pozzi di prova e dei piezometri per ottenere i coefficienti dell’acquifero è probabilmente giustificata solo nei casi in cui sia contemplato lo sfruttamento dell’acquifero per mezzo dei pozzi. Nella maggior parte di questi casi il pozzo di prova può essere utilizzato come un pozzo produttivo in un successivo programma di estrazione. Nelle applicazioni geotecniche, negli studi di siti contaminati, nelle analisi di flusso su scala regionale o in un qualsiasi studi che richiede i dati di conducibilità idraulica ma non prevede lo sfruttamentodi pozzi, l’utilizzo di prove di portata è di solito inappropriato. Secondo la nostra opinione il metodo è ampiamente sovrautilizzato. I piezometri di prova sono più semplici ed economici e possono fornire dati adeguati in molti casi in cui le prove di portata non sono giustificate.
8.7 Stima della conducibilità idraulica satura
È da tempo noto che la conducibilità idraulica è legata alla distribuzione della dimensione dei grani in un mezzo poroso. Nelle prime fasi dell’esplorazione di un acquifero o in studi regionali in cui i dati di permeabilità sono sparsi questa correlazione può essere utile per la stima dei valori di conducibilità idraulica. In questo paragrafo si esamineranno le tecniche di stima basate sull’analisi delle dimensioni dei grani e sulle determinazioni della porosità. Di solito sono disponibili tre tipi di dati nei report geologici, nelle indagini sui suoli agricoli o nei report sulla meccanica dei suoli in siti di ingegneria.
La determinazione di una relazione tra la conducibilità e la tessitura del suolo richiede la scelta di un diametro rappresentativo delle dimensioni dei grani. Una relazione empirica semplice e apparentemente stabile si deve ad Hazen nell’ultima parte dello scorso secolo e si basa sulla dimensione effettiva dei grani, d10, e prevede una legge di potenza con K:
(8.47)
Il valore di d10 può essere preso direttamente dalla curva di gradazione della dimensione dei grani determinata mediante un’analisi al setaccio. Si tratta del diametro del grano al quale il 10% in peso delle particelle di suolo è fine e il 90% è grossolano. Per K in cm/s e d10 in mm, il coefficiente A nell’Eq. (8.47) è uguale a 1.0. L’approssimazione di Hazen è stata originariamente determinata per sabbie uniformi, ma può fornire stime grossolane ma utili per molti suoli dalle sabbie fini alle ghiaie.
La determinazione tessiturale della conducibilità idraulica è un metodo più valido quando si tengono in considerazione alcune misure della dispersione della curva di gradazione. Quando questo viene fatto, la granulometria media, d50, viene di solito considerata come il diametro rappresentativo. Masch & Denny (1966) raccomandano di plottare la curva di gradazione [Figura 8.25 (a)] utilizzando le unità di Krumbein φ, dove φ = –log2d, dove d è la dimensione del diametro del grano (in mm). Come misura della dispersione della curva, essi utilizzano la deviazione standard inclusiva, σ1, dove
(8.48)
Per l’esempio mostrato in Figura 8.25 (a), d50 = 2.0 e σ1 = 0.8. Le curve mostrate in Figura 8.25 (b) sono state sviluppate sperimentalmente in laboratorio su campioni di sabbie non consolidate. Da queste è possibile determinare K conoscendo d50 e σ1.
Per un fluido di densità ρ e viscosità μ è stato visto nel Paragrafo 2.3 [Eq. (2.26)] che la conducibilità idraulica di un mezzo poroso costituito da grani sferici uniformi con diametro d è data da
(8.49)
Per un suolo non uniforme ci si può aspettare che d nell’Eq. (8.49) diventi dm, dove dm è una dimensione rappresentativa dei grani, e ci si aspetterebbe che il coefficiente C dipenda dalla forma dei grani del suolo. Il fatto che la porosità, n, rappresenti una misura integrata della disposizione dei grani ha portato a diversi studi sperimentali della relazione tra C ed n. La più conosciuta delle equazioni risultanti da questi studi per la conducibilità idraulica è l’equazione di Kozeny-Carmen (Bear, 1972), che assume la forma
(8.50)
Nella maggior parte delle formule di questo tipo, il termine di porosità è identico all’elemento centrale dell’Eq. (8.50), ma il termine legato alla dimensione dei grani può assumere varie forme. Per esempio, l’equazione di Fair-Hatch, così come riportata da Todd (1959), assume la forma
(8.51)
dove m è un fattore che tiene conto della disposizione dei grani e sperimentalmente è posto uguale a 5; θ è un fattore di forma per le sabbie, variabile da 6.0 per grani sferici a 7.7 per grani angolari; P è la percentuale di sabbie tra setacci adiacenti; dm è la media geometrica delle dimensioni nominali di setacci adiacenti.
Entrambe le Equazioni (8.50) e (8.51) sono dimensionalmente corrette. Esse sono adatte per un qualsiasi set di unità di misura consistenti.
8.8 Previsione della produttività di un acquifero mediante simulazioni numeriche
I metodi analitici che sono stati presentati nel Paragrafo 8.3 per la previsione dell’abbassamento del carico idraulico in sistemi multi-pozzo non sono abbastanza sofisticati per trattare acquiferi eterogenei di forma irregolare come quelli con cui si ha a che fare sul campo. L’analisi e la previsione del rendimento di un acquifero in tali situazioni vengono normalmente eseguite per mezzo di simulazioni numeriche su un computer digitale.
Esistono due approcci basilari: le simulazioni che prevedono una formulazione alle differenze finite e quelle che prevedono una formulazione agli elementi finiti. Nel seguito si tratteranno più nel dettaglio i metodi alle differenze finite, mentre quelli agli elementi finiti verranno affrontati molto brevemente.
I metodi alle differenze finite
Come per i metodi alle differenze finite in stato stazionario descritti nel Paragrafo 5.3, le simulazioni in transitorio richiedono una discretizzazione del mezzo continuo che rappresenta la regione di flusso. Si consideri un acquifero confinato, bidimensionale e orizzontale di spessore costante b; si discretizzi tale acquifero mediante un numero finito di blocchi, ognuno con le proprie proprietà idrogeologiche e con un nodo al centro dove viene definito il carico idraulico per l’intero blocco. Come mostrato in Figura 8.26 (a), alcuni di questi blocchi possono ospitare pozzi di estrazione che rimuovono acqua dall’acquifero.
Si andrà ora ad esaminare il regime di flusso in uno dei blocchi interni e nei quattro blocchi adiacenti. In base all’equazione di continuità per il flusso in mezzi saturi in condizioni transitorie, la velocità di flusso netta in un qualsiasi blocco deve essere uguale al tasso di variazione dell’immagazzinamento all’interno di quel blocco. Con riferimento alla Figura 8.26 (b), e in base a quanto riportato nel Paragrafo 2.11, si ha
(8.52)
dove SS5 è l’immagazzinamento specifico del blocco 5. Dalla legge di Darcy:
(8.53)
dove K15 è la conducibilità idraulica rappresentativa tra i nodi 1 e 5. Delle espressioni simili possono essere scritte per Q25, Q35 e Q45.
Si consideri innanzitutto il caso di un mezzo omogeneo e isotropo per il quale K15 = K25 = K35 = K45 = K e SS1 = SS2 = SS3 = SS4 = SS. Se si seleziona arbitrariamente una griglia quadrata con Δx = Δy e si nota che T = Kb e S = SSb, sostituendo le espressioni come quelle dell’Eq. (8.53) nell’Eq. (8.52) si ottiene
(8.54)
La derivata temporale al secondo membro può essere approssimata da
(8.55)
dove Δt è il passo temporale utilizzato per discretizzare il modello numerico rispetto alla variabile tempo. Utilizzando la notazione ijk riportata in Figura 8.26 (c), dove il pedice (i, j) di riferisce alla posizione del nodo e l’indice k = 0, 1, 2, . . . indica il passo temporale, si ottiene
(8.56)
In una forma più generale,
(8.57)
dove
(8.58)
B = C = D = E = 1(8.59)
(8.60)
L’Equazione (8.57) è l’equazione alle differenze finite per un nodo interno (i, j) in un acquifero confinato, omogeneo e isotropo. Ognuno dei parametri S, T, Δx e Δt che compaiono nelle definizioni dei coefficienti sono noti, come anche il valore del carico idraulico, h(i, j), al passo temporale precedente, k – 1. In maniera simile, è possibile sviluppare equazioni alle differenze finite per i nodi di bordo e i nodi agli angoli della griglia e per i nodi in cui avviene eventuale emungimento. In tutti i casi l’equazione alle differenze finite è simile nella forma all’Eq. (8.57), ma cambiano le espressioni per i coefficienti. Per i nodi di bordo alcuni dei coefficienti saranno nulli. Per un nodo interno in cui si verifica emungimento i coefficienti A, B, C, D ed E derivano dalle Equazioni (8.58) ed (8.59), ma
(8.61)
dove Wi,j è un termine di estrazione con unità [L/T]. W è legato alla portata di estrazione, Q[L3/T], mediante la seguente relazione
(8.62)
A volte W è dato da una relazione più generale,
(8.63)
dove Ri,j è un termine di sorgente, le cui dimensioni sono [L/T] che rappresenta gli scambi verticali tra l’acquifero e gli acquitardi sovrastanti. In questo caso l’Eq. (8.61) è utilizzata per tutti i nodi del sistema e Wi,j è specificato per ogni nodo. Questo sarà negativo per i nodi che ricevono acqua dagli acquitardi sovrastanti e positivo nei nodi in cui sono presenti termini di estrazione.
È possibile sviluppare l’Eq. (8.57) in maniera più rigorosa, iniziando con l’equazione differenziale alle derivate parziali che descrive il flusso transitorio in un acquifero confinato orizzontale. Nell’Appendice IX viene utilizzato un approccio rigoroso per determinare i valori dei coefficienti A, B, C, D, E ed F nell’equazione generale alle differenze finite per un nodo interno in un acquifero eterogeneo e anisotropo. I un tale sistema, ad ogni nodo (i, j) è possibile assegnare degli specifici valori di Si, j, (Tx)i, j, (Ty)i, j, dove Tx e Ty sono le principali componenti del tensore di trasmissività nelle direzioni x e y. Quanto riportato nell’Appendice IX è riferito ad una griglia rettangolare in cui Δx ≠ Δy. Una ulteriore generalizzazione, non considerata in Appendice, comporterebbe di considerare una griglia irregolare in cui i valori di Δx e Δy sono funzioni della posizione dei nodi. Nelle vicinanze dei pozzi di estrazione, dove è presente un gradiente idraulico forte, è richiesto di adottare incrementi irregolari tra i nodi. Il concetto che sta alla base dello sviluppo di queste formulazioni alle differenze finite più complesse è identico a quello che ha portato all’Eq. (8.57). Più sono complesse le equazioni alle differenze finite implementate in un software, più versatile è quel software come simulatore numerico del comportamento del rendimento di un acquifero.
È possibile dunque sviluppare un’equazione alle differenze finite, con un certo livello di complessità, per ogni nodo della griglia. Se esistono N nodi, esistono N equazioni alle differenze finite. Ad ogni passo temporale esistono anche N incognite, ossia gli N valori di h(i, j) negli N nodi. Ad ogni passo temporale si hanno N equazioni algebriche lineari con N incognite. Questo insieme di equazioni deve essere risolto simultaneamente per ogni passo temporale, iniziando da un insieme di condizioni iniziali in cui h(i, j) è nota per ogni (i, j), e procedendo per i passi temporali k = 1, 2, . . . . Sono disponibili molti metodi per la risoluzione del sistema di equazioni e i modelli numerici sono spesso classificati sulla base dell’approccio utilizzato. Per esempio, il metodo del surrilassamento descritto nel Paragrafo 5.3 per la simulazione numerica del flusso in condizioni stazionarie è ugualmente applicabile al sistema di equazioni che si ottiene ad ogni passo temporale di un modello in condizioni transitorie. Viene utilizzato più comunemente un metodo conosciuto come procedura implicita a direzione alternata. Remson et al. (1971) e Pinder & Gray (1977) forniscono una presentazione sistematica e dettagliata di questi vari metodi nel caso di simulazioni applicate ad acquiferi. Una trattazione matematica avanzata di questi metodi è disponibile nel volume di Forsythe & Wasow (1960). Lo sviluppo di molte tecniche di simulazione numerica si è avuto inizialmente nel campo dell’ingegneria petrolifera, dove la prima applicazione è stata nella simulazione del comportamento di un reservoir di petrolio. Pinder & Bredehoeft (1968) hanno adattato la potente procedura implicita a direzione alternata in campo idrogeologico.
Esistono due programmi di simulazione che sono stati completamente documentati e ampiamente applicati in Nord America. Uno è il modello dell’U.S. Geological Survey, che è un miglioramento del lavoro di Pinder & Bredehoeft. Trescott et al. (1976) hanno fornito un manuale aggiornato della versione più recente del software. L’altro è il modello dell’Illinois State Water Survey, che è stato documentato da Prickett & Lonnquist (1971). Bredehoeft & Pinder (1970) hanno anche mostrato come una sequenza di modelli bidimensionali possano essere accoppiati per ottenere un modello quasi tridimensionale di un sistema acquifero-acquitardo.
Si consideri come esempio l’analisi eseguita da Pinder & Bredehoeft (1968) per l’acquifero di Musquoduboit Harbour, Nuova Scozia. Questo acquifero è un deposito glacio-fluviale con estensione areale limitata. La Figura 8.27 (a) mostra la stima iniziale della distribuzione areale della trasmissività dell’acquifero determinata sulla base di dati idrogeologici sparsi. Le simulazioni eseguite con questa matrice di trasmissività non hanno permesso di riprodurre gli abbassamenti osservati durante una prova di portata eseguita vicino al centro dell’acquifero. I parametri dell’acquifero sono stati poi modificati nel corso di diverse simulazioni fino ad ottenere una corrispondenza ragionevole tra gli abbassamenti misurati nel tempo e i risultati del modello digitale. Ulteriori log in pozzo hanno permesso di supportare le modifiche dei parametri in molti punti. La distribuzione finale di trasmissività è mostrata in Figura 8.27 (b). Il modello è stato poi utilizzato in modalità previsionale; la Figura 8.27 (c) è un grafico dell’abbassamento previsto 206.65 giorni dopo l’inizio dello sfruttamento da un pozzo di estrazione con portata Q = 0.963 ft3/s.
Render (1971, 1972) e Huntoon (1974) hanno fornito degli ulteriori casi di studio di grande interesse.
I metodi agli elementi finiti
Il metodo agli elementi finiti, di cui si è discusso nel Paragrafo 5.3 in relazione alle simulazioni del flusso in stato stazionario, può essere anche utilizzato per simulare il rendimento di un acquifero in condizioni transitorie. Come per l’approccio alle differenze finite, l’approccio agli elementi finiti porta ad un insieme di N equazioni algebriche in N incognite ad ogni passo temporale, dove le N incognite sono i valori del carico idraulico in un insieme di nodi distribuiti sull’estensione dell’acquifero. La differenza fondamentale sta nella natura della griglia. Il metodo agli elementi finiti permette di definire una maglia irregolare che può essere adattata per ogni specifica applicazione. Il numero di nodi può essere spesso notevolmente ridotto rispetto al numero richiesto per una simulazione alle differenze finite. L’approccio agli elementi finiti ha anche alcuni vantaggi nel modo in cui vengono trattate le condizioni al contorno e nella simulazione di mezzi anisotropi.
Lo sviluppo delle equazioni agli elementi finiti per ogni nodo richiede una comprensione sia delle equazioni differenziali alle derivate parziali sia del calcolo delle variazioni. Remson, Hornberger & Molz (1971) forniscono una trattazione introduttiva del metodo applicato agli acquiferi. Pinder & Gray (1977) forniscono una trattazione avanzata. Zienkiewicz (1967) e Desai & Abel (1972) sono i testi di riferimento più citati. Il metodo agli elementi finiti è stato introdotto nella letteratura idrogeologica da Javandel & Witherspoon (1969). Pinder & Frind (1972) sono stati tra i primi ad utilizzare questo metodo per prevedere il rendimento di acquiferi su scala regionale. Gupta & Tanji (1976) hanno riportato un’applicazione di un modello agli elementi finiti tridimensionale per la simulazione del flusso in un sistema acquifero-acquitardo nel bacino di Sutter, California.
Calibrazione di un modello e problemi inversi
Se fossero disponibili le misure di trasmissività e coefficiente di immagazzinamento di un acquifero in ogni nodo di un modello, sarebbe molto agevole fare delle previsioni sugli abbassamenti del carico idraulico. Nella pratica i database su cui vengono costruiti i modelli sono spesso costituiti da dati sparsi ed è quasi sempre necessario calibrare un modello utilizzando dati storici di portate di estrazione e abbassamenti. La procedura di modifica dei parametri descritta in relazione alla Figura 8.27 rappresenta la fase di calibrazione della procedura di modellazione per quell’esempio particolare. In generale un modello dovrebbe essere calibrato utilizzando un set di dati storici e poi verificato utilizzando un set diverso. L’applicazione di un modello per un particolare acquifero diventa quindi un processo a tre passi: calibrazione, validazione e previsione.
La Figura 8.28 è un diagramma di flusso che chiarisce i passaggi previsti in un approccio di calibrazione trial-and-error. La correzione di un parametro può essere eseguita sulla base di criteri puramente empirici o utilizzando un analizzatore di performance che integra delle procedure di ottimizzazione formale. Il contributo di Neuman (1973a) include una buona revisione e una lunga lista di referenze. Il ruolo delle informazioni soggettive nello stabilire i vincoli per l’ottimizzazione è stato trattato da Lovell et al. (1972). Gates & Kisiel (1974) hanno considerato il problema relativo all’importanza o meno di avere a disposizione dati addizionali. Essi hanno analizzato il compromesso tra il costo necessario per ottenere delle misure addizionali e il valore che queste hanno nel migliorare la calibrazione di un modello.
Il termine calibrazione di solito si riferisce alla correzione “trial-and-error” dei parametri di un acquifero, come sottolineato in Figura 8.28. Questo approccio prevede un’applicazione ripetitiva del modello. Ad ogni simulazione il problema al contorno viene impostato con i valori noti di trasmissività, T(x, y), coefficiente di immagazzinamento, S(x, y), ricarica, R(x, y, t), e portata di estrazione, Q(x, y, t), mentre il carico idraulico, h(x, y, t), è incognito. È possibile eseguire il processo di calibrazione più direttamente utilizzando un modello di simulazione in modo inverso. In tal caso è richiesta una sola applicazione del modello, ma il modello deve essere impostato come un problema al contorno inverso in cui h(x, y, t) e Q(x, y, t) sono noti T(x, y), S(x, y) ed R(x, y, t) sono incogniti. Se impostato in questa forma, il processo di calibrazione è conosciuto come problema inverso.
Nella maggior parte della letteratura il termine identificazione dei parametri è utilizzato per comprendere tutti gli aspetti del problema in questione. La calibrazione di solito è chiamata approccio indiretto al problema di identificazione dei parametri, mentre il problema inverso di solito è chiamato approccio diretto.
La soluzione della formulazione inversa non è, in generale, unica. In prima istanza potrebbero esserci molte incognite; in seconda istanza h(x, y, t) e Q(x, y, t) non sono note per ogni (x, y). In pratica, le estrazioni si verificano in un numero finito di punti e i dati storici di carico idraulico sono disponibili solo in un numero finito di punti. Anche se R(x, y, t) è costante o nota, il problema resta matematicamente mal posto. Emsellem & de Marsily (1971) hanno dimostrato comunque che il problema può essere trattato utilizzando un “criterio di uniformità”, che limita le variazioni spaziali permesse per T ed S. La matematica legata al loro approccio non è semplice, ma il loro articolo rimane la discussione classica del problema inverso. Neuman (1973a, 1975b) suggerisce di utilizzare le misure disponibili di T ed S per imporre vincoli sulla struttura delle distribuzioni di T(x, y) ed S(x, y). I contributi di Yeh (1975) e Sagar (1975) includono delle revisioni di sviluppi più recenti.
Esiste un altro approccio di simulazione inversa che è più semplice concettualmente ma apparentemente aperto a questioni legate alla sua validità (Neuman, 1975b). Questo è basato sull’assunzione di condizioni stazionarie nel sistema di flusso. Come riconosciuto per primo da Stallman (1956), il carico idraulico in condizioni stazionarie, h(x, y, z) in un sistema tridimensionale può essere interpretato inversamente in termini della distribuzione di conducibilità idraulica, K(x, y, z). In un acquifero bidimensionale, in assenza di estrazioni, h(x, y) può essere utilizzato per determinare T(x, y). Nelson (1968) ha dimostrato che la condizione necessaria per l’esistenza e unicità di una soluzione di un problema inverso in condizioni stazionarie è che, oltre al carico idraulico, siano note la conducibilità o la trasmissività idraulica lungo una superficie attraversata da tutte le linee di flusso del sistema. Frind & Pinder (1973) hanno sottolineato che, poiché la trasmissività e il flusso sono legati mediante la legge di Darcy, questo criterio può essere espresso alternativamente in termini di flusso che attraversa una superficie. Se l’acqua viene rimossa da un acquifero con una postata costante, la superficie a cui si riferisce Nelson è quella attorno alla circonferenza del pozzo e la portata del pozzo fornisce una condizione al contorno sufficiente per ottenere una soluzione unica. Frind & Pinder (1973) hanno utilizzato un modello agli elementi finiti per risolvere il problema inverso in condizioni stazionarie. È in continua evoluzione la ricerca sulla questione di quali errori vengono introdotti nella soluzione inversa quando viene utilizzato un approccio in condizioni stazionarie per la calibrazione di un modello nel caso di un acquifero che ha subito uno sfruttamentostorico in condizioni transitorie.
8.9 Previsione della produttività di un acquifero mediante simulazioni analogiche
La simulazione numerica della performance di un acquifero richiede computer di grandi dimensioni e delle competenze di programmazione relativamente sofisticate. Le simulazioni elettriche analogiche forniscono un approccio alternativo che permette di aggirare questi requisiti a spese di un certo grado di versatilità.
Analogia tra flusso di cariche elettriche e flusso di acque sotterranee
I principi alla base dell’analogia fisica e matematica tra flusso di cariche elettriche e flusso di acque sotterranee sono stati introdotti nel Paragrafo 5.2. L’applicazione discussa in quel contesto riguardava la simulazione del flusso in condizioni stazionarie in sezioni verticali bidimensionali. Uno dei metodi descritti in quel contesto utilizzava una rete di resistenze analogica in grado di gestire sistemi eterogenei di forma irregolare. In questo paragrafo verranno descritti ulteriori metodi analogici, considerando l’applicazione di reti di resistenze e capacità bidimensionali per la previsione dell’abbassamento del carico idraulico in condizioni transitorie in acquiferi eterogenei e confinati di forma irregolare.
Si consideri un acquifero confinato orizzontale di spessore b. Se questo è discretizzato mediante una griglia di celle quadrate di lato ΔxA [come in Figura 8.26 (a)], una qualsiasi porzione omogenea dell’acquifero discretizzato [Figura 8.29 (a)] può essere modellata da un insieme di resistori e capacitori elettrici su una griglia di celle quadrate di lato ΔxM [Figura 8.29 (b)]. L’analogia tra il flusso di cariche elettriche nel sistema di resistenze e capacità e il flusso di acque sotterranee nell’acquifero confinato orizzontale può essere dedotta esaminando la formulazione alle differenze finite delle equazioni di flusso per ogni sistema. Per il flusso di acque sotterranee, dall’Eq. (8.54),
(8.64)
Per un circuito elettrico, dalle leggi di Kirchhoff:
(8.65)
Un confronto delle Equazioni (8.64) e (8.65) porta alle quantità analoghe:
- Il carico idraulico, h, e la caduta di potenziale, V.
- La trasmissività, T, e il reciproco della resistenza, R, dei resistori.
- Il prodotto del coefficiente di immagazzinamento, S, per l’area delle celle, Δx2A, e la capacità, C, dei capacitori.
- Le coordinate dell’acquifero, xA ed yA (determinate dalla spaziatura ΔxA), e le coordinate del modello, xM ed yM (determinate dalla spaziatura ΔxM).
- Il tempo reale, tA, e il tempo del modello, tM.
Inoltre, se vengono considerate le estrazioni, esiste un’analogia tra:
Rete di resistenze e capacità
La rete di resistori e capacitori che costituisce il modello analogico viene di solito montata su una tavola perforata con fori a distanza di circa un pollice. Ci sono quattro resistori e un capacitore connessi ad ogni terminale. La rete di resistori è di solito montata sul fronte della tavola e la rete di capacitori, con ogni capacitore connesso a terra, sul retro. Il bordo della rete è progettato in maniera graduale per approssimare la forma del reale bordo dell’acquifero.
La progettazione delle componenti del modello analogico richiede la scelta di un set di fattori di scala, F1, F2, F3 ed F4 in modo che
(8.66)
(8.67)
(8.68)
(8.69)
Gli acquiferi eterogenei e con anisotropia trasversale possono essere simulati scegliendo resistori e capacitori compatibili con la trasmissività e il coefficiente di immagazzinamento in ogni punto dell’acquifero. Il confronto tra il flusso idrico in un acquifero e il flusso di cariche elettriche attraverso un resistore analogico [Figura 8.30 (a)] porta alla relazione
(8.70)
Il confronto tra l’immagazzinamento nella sezione di un acquifero e la capacità elettrica di un capacitore analogico [Figura 8.30 (b)] porta alla relazione
(8.71)
I resistori e capacitori che costituiscono la rete vengono scelti sulla base delle Equazioni (8.70) e (8.71). I fattori di scala, F1, F2, F3 ed F4 devono essere selezionati in modo che (1) i resistori e capacitori siano economici e disponibili in commercio; (2) la dimensione del modello sia pratica; (3) i tempi di risposta del modello siano nell’intervallo di risposta all’eccitazione delle attrezzature disponibili.
La Figura 8.31 è un diagramma schematico che mostra l’arrangiamento degli apparati di eccitazione-risposta necessari per una simulazione elettrica-analogica utilizzando una rete di resistenze e capacità. Il generatore di impulsi, insieme ad un generatore di onde, produce un impulso rettangolare di durata e ampiezza specifiche. Questo impulso è mostrato sul canale 1 di un oscilloscopio a due canali collegato mediante una resistenza ad uno specifico terminale della rete di resistenze e capacità che rappresenta un pozzo di estrazione. Il secondo canale dell’oscilloscopio è utilizzato per mostrare la caduta di potenziale nel tempo ottenuta sondando diversi punti di osservazione nella rete. L’impulso è analogo ad una funzione a gradino che mostra l’aumento della portata di estrazione; il grafico della caduta di potenziale nel tempo è analogo a quello dell’abbassamento del carico idraulico nel tempo in un piezometro. Il valore numerico dell’abbassamento del carico idraulico è calcolato dalla caduta di potenziale dall’Eq. (8.66). Il tempo al quale si verifica uno specifico abbassamento è dato dall’Eq. (8.68). Una qualsiasi portata di estrazione, Q, può essere simulata impostando l’intensità di corrente, I, nell’Eq. (8.69). Ciò viene fatto controllando la resistenza Ri in Figura 8.31. L’intensità di corrente è data da I = Vi/Ri, dove Vi è la caduta di potenziale attraverso la resistenza.
Walton (1970) e Prickett (1975) hanno fornito una descrizione dettagliata dell’approccio elettrico-analogico per la simulazione di un acquifero. La maggior parte delle trattazioni sulle acque sotterranee è legata alla discussione generale di Karplus (1958). I risultati di una simulazione analogica sono di solito presentati sotto forma di mappe degli abbassamenti di carico idraulico previsti come quella mostrata in Figura 8.27 (c). Patten (1965), Moore & Wood (1967), Spieker (1968) e Render (1971) hanno fornito una lista di casi di studio che documentano l’applicazione delle simulazioni analogiche per acquiferi specifici.
Confronto tra simulazioni analgiche e digitali
Prickett & Lonnquist (1968) hanno discusso vantaggi, svantaggi e similarità tra tecniche di simulazione analogiche e digitali. Essi hanno notato che entrambi i metodi utilizzano gli stessi dati di campo e lo stesso metodo di assegnazione delle proprietà idrogeologiche ad una rappresentazione discretizzata di un acquifero. Una simulazione analogica richiede la conoscenza di attrezzatura elettronica specializzata; una simulazione digitale richiede competenze di programmazione. Una simulazione digitale è più flessibile nella gestione di bordi irregolari e schemi di estrazione che variano nello spazio e nel tempo. È anche più adatta per una efficiente lettura e visualizzazione dei dati.
La costruzione fisica prevista nella preparazione di una rete resistenza-capacità è il punto di forza ma anche il punto di debolezza di un metodo analogico. Il fatto che le variabili di un sistema in esame siano rappresentate da quantità fisiche analoghe e attrezzature elettriche è molto importante per scopi didattici o di visualizzazione, ma il costo in termini di tempo è elevato. La rete, una volta costruita, descrive solo un acquifero specifico. Nel caso della modellazione digitale, invece, una volta preparato un software, è possibile gestire con lo stesso programma insiemi di dati relativi ad un’ampia varietà di acquiferi e condizioni diverse. Lo sforzo richiesto nella gestione di dati mediante schede perforate è molto minore di quello richiesto per la progettazione e costruzione di una nuova rete resistenza-capacità. Questa flessibilità è ugualmente importante durante la fase di calibrazione di una simulazione.
I vantaggi di una simulazione digitale pesano a favore di questa tecnica e con l’avvento di computer facilmente accessibili questo metodo è diventato rapidamente lo strumento standard per la gestione di un acquifero. Tuttavia, le simulazioni analogiche continueranno indubbiamente a giocare un ruolo importante, specialmente nei Paesi in via di sviluppo dove le capacità informatiche non sono ancora avanzate.
8.10 Produttività di un bacino
Produttività sicura e produttività ottimale di un bacino idrico sotterraneo
La resa delle acque sotterranee può essere meglio vista nel contesto di un sistema idrogeologico 3D che costituisce un bacino idrico sotterraneo. A questa scala è possibile introdurre il concetto di produttività sicura o il concetto più rigoroso di produttività ottimale.
Todd (1959) ha definito la produttività sicura di un bacino idrico sotterraneo come la quantità di acqua che può essere estratta annualmente senza produrre un risultato indesiderato. Una qualsiasi estrazione in eccesso genera un deficit. Domenico (1972) e Kazmann (1972) hanno riesaminato l’evoluzione del termine. Domenico ha notato che i “risultati indesiderati” citati nella definizione includono non solo l’impoverimento delle riserve di acque sotterranee, ma anche l’intrusione di acque si scarsa qualità, l’infrazione di possibili diritti sull’acqua e il venir meno dei vantaggi economici derivanti dalle attività di estrazione. È possibile anche includere l’eccessivo impoverimento dei deflussi superficiali per infiltrazione indotta e subsidenza del terreno.
Benché il concetto di produttività sicura sia stato ampiamente utilizzato nella valutazione delle risorse idriche sotterranee, c’è sempre stata una diffusa insoddisfazione verso tale concetto (Thomas, 1951; Kazmann, 1956). Molti suggerimenti di miglioramento hanno incoraggiato l’insorgere di considerazioni sul concetto di produttività in chiave socio-economica nel quadro più generale dell’ottimizzazione. Domenico (1972) ha rivisto lo sviluppo di questo approccio, citando i contributi di Bear & Levin (1967), Buras (1966), Burt (1967), Domenico et al. (1968) e altri. Da un punto di vista dell’ottimizzazione, le acque sotterranee hanno un valore solo in virtù del loro utilizzo e la produttività ottimale deve essere determinata dalla selezione di uno schema ottimale di gestione delle risorse idriche sotterranee da un insieme di possibili schemi alternativi. Lo schema ottimale è quello che meglio rispetta una serie di obiettivi economici e/o sociali associati con gli utilizzi dell’acqua. In alcuni casi e in alcuni istanti, le considerazioni su costi e benefici attuali e futuri possono portare a produttività ottimali che riguardano l’estrazione di acque sotterranee, forse anche fino all’esaurimento. In altre situazioni le produttività ottimali possono riflettere il bisogno di una completa conservazione. Più spesso lo sfruttamento ottimale delle acque sotterranee sta tra questi estremi.
I metodi grafici e matematici di ottimizzazione legati allo sfruttamento delle acque sotterranee sono stati trattati da Domenico (1972).
Bilancio idrologico transitorio e produttività di un bacino
Nel Paragrafo 6.2 è stato esaminato il ruolo della ricarica media annuale delle acque sotterranee, R, come componente del bilancio idrologico in condizioni stazionarie. Il valore di R è stato determinato da un’interpretazione quantitativa del flusso di acque sotterranee in condizioni stazionarie e su scala regionale. Alcuni autori hanno suggerito che la produttività sicura di un bacino idrico sotterraneo possa essere definita come l’estrazione annuale di acqua che non eccede la ricarica media annuale. Questo concetto non è corretto. Come sottolineato da Bredehoeft & Young (1970), lo sfruttamentodelle acque sotterranee può variare significativamente il regime di ricarica-deflusso in funzione del tempo. Chiaramente la produttività di un bacino dipende sia dal modo in cui gli effetti delle estrazioni vengono trasmesse attraverso gli acquiferi, sia dalle variazioni dei tassi di ricarica e deflusso delle acque sotterranee indotte dalle estrazioni. Il bilancio idrologico per la porzione satura di un bacino idrico sotterraneo in condizioni stazionarie è espresso come
(8.72)
dove
Q(t) = tasso totale di estrazione di acque sotterranee
R(t) = tasso totale di ricarica del bacino
D(t) = tasso totale di deflusso delle acque sotterranee fuori dal bacino
dS/dt = tasso di variazione dell’immagazzinamento nella zona satura del bacino.
Freeze (1971a) ha esaminato la risposta di R(t) e D(t) per ottenere un aumento di Q(t) in un bacino ipotetico in condizioni di clima umido in cui la tavola d’acqua è vicina alla superficie. La risposta è stata simulata con l’aiuto di un’analisi transitoria tridimensionale di un sistema saturo-insaturo come quello in Figura 6.10 con l’aggiunta di un pozzo di estrazione. La Figura 8.32 è una rappresentazione schematica delle sue deduzioni. I diagrammi mostrano le variazioni nel tempo derivanti dai vari termini dell’Eq. (8.72) a seguito di un aumento delle estrazioni. Si faccia innanzitutto riferimento al caso mostrato in Figura 8.32 (a), in cui le estrazioni aumentano nel tempo ma non in maniera eccessiva. La condizione iniziale al tempo t0 è un sistema di flusso stazionario in cui la ricarica, R0, uguaglia il deflusso, R0. Ai tempi t1, t2, t3 e t4 dei nuovi pozzi intercettano il sistema e la portata di estrazione Q subisce degli aumenti graduali. Ogni aumento è inizialmente bilanciato da una variazione di immagazzinamento, che in un acquifero non confinato prende la forma di un immediato abbassamento della tavola d’acqua. Allo stesso tempo, il bacino tenta di istituire un nuovo equilibrio a seguito di un aumento della ricarica, R.
La zona insatura verrà quindi indotta a fornire flussi maggiori alla tavola d’acqua sotto l’influenza di più alti gradienti nella zona satura. D’altra parte, l’aumento delle estrazioni può portare ad una diminuzione del deflusso, D. In Figura 8.32 (a), dopo il tempo t4, il deflusso naturale cessa e la curva di deflusso sale al di sopra dell’asse orizzontale, comportando una ricarica indotta da un canale che ha precedentemente accettato la sua componente di baseflow dal sistema di acque sotterranee. Al tempo t5, la portata di estrazione Q è stata compensata dalla ricarica, R, e dalla ricarica indotta, D; e si è verificato un significativo abbassamento della tavola d’acqua. Si noti che il tasso di ricarica raggiunge un minimo tra t3 e t4. Con questo tasso il corpo idrico sotterraneo accetta tutta l’infiltrazione disponibile dalla zona insatura a seguito dell’abbassamento della tavola d’acqua.
In Figura 8.32 (a), le condizioni di equilibrio stazionario vengono raggiunte prima di ogni nuovo incremento del tasso di estrazione. La Figura 8.32 (b) mostra la stessa sequenza di eventi in condizioni di continuo incremento dello sfruttamentodi acque sotterranee su diversi anni. Il diagramma mostra anche che se le portate di estrazione aumentano indefinitamente, si può ottenere una situazione instabile in cui gli abbassamenti della tavola d’acqua raggiungono una profondità al di sotto della quale il tasso massimo di ricarica delle acque sotterranee R non può più essere sostenuto. Dopo questo istante lo stesso tasso di precipitazione annuale non produce più la stessa percentuale di infiltrazione verso la tavola d’acqua. Durante i periodi di redistribuzione di umidità nel suolo l’evapotraspirazione è maggiore della pioggia che si infiltra e che percola verso la zona satura. Al tempo t4 in Figura 8.32 (b) la tavola d’acqua raggiunge una profondità al di sotto della quale non è possibile mantenere un tasso di ricarica stabile. Al tempo t5 viene raggiunto il massimo tasso di ricarica indotta. Dal tempo t5 in poi è impossibile per il bacino sostenere aumenti dei tassi di estrazione. La sola sorgente è un potenziale aumento del tasso di variazione dell’immagazzinamento che si manifesta in un rapido abbassamento della tavola d’acqua. Le portate di estrazione non possono più essere mantenute ai livelli originali. Freeze (1971a) ha definito il valore di Q al quale si verifica l’instabilità come la massima produttività stabile del bacino. È ovviamente avventato portare un bacino vicino al suo limite di stabilità. Un anno secco potrebbe causare un irrecuperabile declino della tavola d’acqua. I tassi di produzione devono tener conto di un fattore di sicurezza e devono quindi essere in qualche modo minori della massima produttività stabile del bacino.
La discussione appena affrontata enfatizza ancora una volta le importanti relazioni tra il flusso di acque sotterranee e il ruscellamento superficiale. Se un bacino idrico sotterraneo venisse sfruttato fino alla massima produttività, la produttività potenziale delle componenti idriche superficiali del ciclo idrologico nel bacino sarebbe ridotta. È ampiamente riconosciuto che lo sfruttamento ottimale delle risorse idriche dipende dall’uso congiunto di acque superficiali e sotterranee. Si tratta di un promettente campo per l’applicazione di tecniche di ottimizzazione (Maddock, 1974; Yu & Haimes, 1974). Young & Bredehoeft (1972) hanno descritto l’applicazione di simulazioni digitali come quelle descritte nel Paragrafo 8.8 per la soluzione di problemi di gestione che prevedono l’uso congiunto di acque superficiali e sotterranee.
8.11 Ricarica artificiale e infiltrazione indotta
Di recente, in particolare nelle aree più popolate del Nord America dove lo sfruttamento delle risorse idriche ha raggiunto o superato la produttività dei corpi idrici sotterranei, molti sforzi sono stati indirizzati verso la gestione delle risorse idriche. Uno sfruttamento ottimale di solito prevede l’uso congiunto di acque superficiali e sotterranee e la bonifica e il riutilizzo di alcune porzioni delle risorse idriche disponibili. In molti casi questo richiede l’importazione di acque superficiali da aree che ne sono ben fornite verso aree in cui le risorse idriche scarseggiano, oppure la conservazione delle acque superficiali in periodi di abbondanza ai fini di utilizzarle in periodi siccitosi. Questi due approcci richiedono degli impianti di stoccaggio e c’è spesso il vantaggio di immagazzinare le acque nel sottosuolo dove le perdite per evaporazione sono minime. L’immagazzinamento nel sottosuolo può anche essere utile per ricaricare le risorse idriche sotterranee in aree in cui queste scarseggiano.
Un qualsiasi processo grazie al quale l’uomo favorisce il trasferimento di acque superficiali in sistemi idrici sotterranei può essere classificato come ricarica artificiale. Il metodo più comune prevede l’infiltrazione da bacini in acquiferi alluvionali non confinati e caratterizzati da elevata permeabilità. In molti casi i bacini si sono formati dalla costruzione di dighe in canali naturali. Il processo di ricarica prevede una zona di accumulo di acque sotterranee al di sotto di questi bacini. L’estensione areale di tale zona e il suo tasso di crescita dipendono dalla dimensione e dalla forma del bacino di ricarica, dalla durata e dal tasso di ricarica, dalla configurazione stratigrafica delle formazioni del sottosuolo e dalle proprietà idrauliche dei sedimenti geologici in zona satura e insatura. La Figura 8.33 mostra due semplici ambienti idrogeologici e la zona di accumulo che verrebbe generata in ogni caso al di sotto di un bacino circolare. In Figura 8.33 (a) la ricarica avviene in un acquifero orizzontale non confinato delimitato alla base da una formazione impermeabile. In Figura 8.33 (b) la ricarica avviene attraverso una formazione meno permeabile verso uno strato profondo ad elevata permeabilità.
Entrambi i casi sono stati oggetto di un gran numero di analisi previsionali, non solo per un bacino circolare ma anche per un bacino rettangolare e nel caso di ricarica da una striscia infinitamente lunga. Quest’ultimo caso, con condizioni al contorno come quelle mostrate in Figura 8.33 (b), ha anche un’applicazione nel caso di infiltrazione da un canale o un fiume. Questo è stato verificato da Bouwer (1965), Jeppson (1968) e Jeppson & Nelson (1970). Il caso mostrato in Figura 8.33 (a), che trova anche applicazione nello sviluppo di zone di accumulo al di sotto di aree di smaltimento di rifiuti e di discariche, è stato studiato in maggior dettaglio. Hantush (1967) ha fornito una soluzione analitica per la previsione di h(r, t), data la quota iniziale della tavola d’acqua, h0, il diametro del bacino, a, il tasso di ricarica, R, la conducibilità idraulica e la produttività specifica, K ed Sy, dell’acquifero non confinato. La sua soluzione è limitata ad acquiferi omogenei e isotropi e ad un tasso di ricarica costante nel tempo e nello spazio. Inoltre, la soluzione è limitata ad un aumento della tavola d’acqua che sia minore o uguale al 50% della profondità iniziale di saturazione, h0. Questo requisito implica che R K. Bouwer (1962) ha utilizzato un modello elettrico analogico per analizzare lo stesso problema e Marino (1975a, 1975b) ne ha prodotto una simulazione numerica. Tutte e tre queste analisi hanno due ulteriori limitazioni. Innanzitutto, viene trascurato il flusso nella zona insatura assumendo che l’impulso di ricarica la attraversi verticalmente e raggiunga la tavola d’acqua senza essere influenzato dall’umidità del suolo al di sopra della tavola d’acqua stessa. In secondo luogo, essi utilizzano la teoria di Dupuit-Forchheimer per il flusso in zona insatura (Paragrafo 5.5) che trascura qualsiasi gradiente verticale che si sviluppi in zona satura in prossimità della zona di accumulo. Le simulazioni numeriche eseguite su un sistema saturo-insaturo utilizzando gli approcci di Rubin (1968), Jeppson & Nelson (1970) e Freeze (1971a) fornirebbero un approccio più accurato al problema, ma a spese di un aumento della complessità di calcolo.
La ricerca sui bacini di ricarica ha mostrato che le raffinatezze nell’analisi previsionale vengono raramente riscontrate nel mondo reale. Anche se il livello dell’acqua in un bacino di ricarica viene mantenuto relativamente costante, il tasso di ricarica diminuisce quasi invariabilmente nel tempo come risultato dell’accumulo di limi e argille sul fondo del bacino e della crescita di microrganismi che intasano i pori del suolo. Inoltre, l’intrappolamento dell’aria tra il fronte di saturazione e la tavola d’acqua ritarda la ricarica. Todd (1959) ha notato che l’alternanza di periodi umidi e secchi fornisce generalmente una ricarica totale maggiore rispetto ad una ricarica continua. In condizioni secche i microrganismi non crescono e la lavorazione del fondo del bacino durante i periodi secchi permette di liberare i pori.
Esistono diversi esempi di progetti che prevedono la realizzazione di bacini di ricarica artificiali. Seaburn (1970) descrive gli studi idrologici eseguiti in due degli oltre 2000 bacini di ricarica che vengono utilizzati a Long Island, ad est di New York City, per utilizzare i deflussi superficiali dalle aree residenziali e industriali come fonte di ricarica artificiale. Bianchi & Haskell (1966, 1968) descrivono il monitoraggio piezometrico di un ciclo completo di ricarica di crescita e riduzione della zona di accumulo. Essi riportano un accordo relativamente buono tra i dati di campo e le previsioni analitiche basate sulla teoria di Dupuit-Forchheimer. Essi notano inoltre che gli aumenti anomali di livello che favoriscono l’intrappolamento dell’aria (Paragrafo 6.8) spesso rendono difficile monitorare accuratamente la crescita della zona di accumulo.
Mentre quello appena descritto è il metodo più diffuso di ricarica artificiale, esso è limitato ad aree con condizioni geologiche favorevoli in superficie. Sono stati anche fatti dei tentativi nel ricaricare le formazioni profonde per mezzo di pozzi di iniezione. Todd (1959) ha fornito diversi esempi di utilizzo di varie applicazioni come l’uso di acque di deflusso superficiale, il ricircolo di acqua utilizzata per il condizionamento dell’aria e la costruzione di barriere di acque dolci per contrastare il fenomeno di intrusione salina in un acquifero confinato. Molte delle ricerche recenti sui pozzi di iniezione si sono focalizzate sull’utilizzo di metodi per lo smaltimento di rifiuti industriali e derivanti dal settore terziario (Capitolo 9) piuttosto che della ricarica delle risorse idriche sotterranee.
Il metodo più vecchio ed utilizzato per quanto riguarda l’uso congiunto di acque superficiali e sotterranee è basato sul concetto di infiltrazione indotta. Se un pozzo estrae acqua da sabbie e ghiaie alluvionali che sono in connessione idraulica con un canale superficiale, il canale assumerà il ruolo di una sorgente a carico costante come rappresentato in Figura 8.15 (d) e 8.23 (d). Quando un nuovo pozzo inizia ad estrarre in questa condizione, l’acqua viene inizialmente estratta dalla zona satura, ma una volta che il cono di depressione ha raggiunto il canale, una parte dell’acqua estratta sarà legata al deflusso superficiale indotto sotto l’influenza del gradiente generato dal pozzo. Verrà poi raggiunto lo stato stazionario, durante il quale il cono di depressione e gli abbassamenti resteranno costanti. In condizioni stazionarie la sorgente di tutta l’acqua estratta è il deflusso superficiale. Uno dei primi vantaggi degli schemi di infiltrazione indotta, oltre all’utilizzo diretto delle acque superficiali, è legato alla buona qualità chimica e biologica dell’acqua che si infiltra, per via del passaggio attraverso i depositi alluvionali.
8.12 Subsidenza del terreno
Negli ultimi anni è diventato evidente che l’estensivo sfruttamento delle risorse idriche sotterranee nel corso di questo secolo ha portato ad un indesiderato effetto collaterale dal punto di vista ambientale. In molte località del mondo l’estrazione delle acque sotterranee da sistemi acquifero-acquitardo non consolidati ha prodotto fenomeni di subsidenza del terreno. Poland & Davis (1969) e Poland (1972) hanno fornito un riepilogo di alcuni casi di subsidenza causati dall’estrazione di fluidi. Essi hanno presentato diversi casi in cui la subsidenza è stata associata all’estrazione di petrolio e gas, oltre ad un gran numero di casi di estrazione di acque sotterranee. Esistono tre casi – il campo petrolifero di Wilmington a Long Beach, in California, i casi legati alle estrazioni di acque sotterranee a Città del Messico, Messico, e nella San Joiaquin valley, California – in cui si sono registrati tassi di subsidenza di 1 m ogni 3 anni su un periodo di 35 anni, dal 1935 al 1970. Nel caso della San Joaquin valley, dove la causa va ricercata nell’estrazione di acque sotterranee per scopi irrigui, esistono tre aree distinte con importanti problemi di subsidenza. Considerati tutti insieme, un’area totale di 11000 km2 si è abbassata di oltre 0.3 m. A Long Beach, dove la regione interessata da subsidenza è adiacente all’oceano, la subsidenza ha causato ripetute inondazioni nell’area portuale. Sono stati segnalati guasti alle strutture superficiali, instabilità delle tubaturee la rottura dell’involucro del pozzo petrolifero. I costi di riparazione nel 1962 hanno superato i 100 milioni di dollari.
Il meccanismo di subsidenza del terreno
Gli ambienti deposizionali dei diversi siti affetti da subsidenza sono svariati, ma esiste una caratteristica comune a tutti i siti dove si osserva subsidenza indotta dalle acque sotterranee. In ogni caso esiste una spessa successione di sedimenti non consolidati o scarsamente consolidati che formano un sistema acquifero-acquitardo. L’estrazione avviene dagli acquiferi sabbiosi e ghiaiosi, ma un’ampia percentuale della sezione è costituita da argille con elevata comprimibilità. Nei primi capitoli è stato detto che l’estrazione di acque sotterranee è accompagnata dai contributi verticali attraverso gli acquitardi adiacenti. Non deve sorprendere che il processo di drenaggio da parte degli acquitardi porti alla compattazione*Facendo riferimento a Poland & Davis (1969), si utilizza il termine “compattazione” in senso geologico. Nel campo dell’ingegneria questo termine viene di solito utilizzato per definire l’aumento della densità del suolo a seguito dell’utilizzo di rulli, vibratori o altri macchinari pesanti. degli acquitardi stessi così come il processo di drenaggio degli acquiferi porti alla compattazione degli acquiferi. Esistono comunque due differenze fondamentali: (1) poiché la comprimibilità dell’argilla è 1 o 2 ordini di grandezza maggiore della comprimibilità della sabbia, la compattazione totale potenziale di un acquitardo è molto maggiore di quella di un acquifero; (2) poiché la conducibilità idraulica dell’argilla può essere diversi ordini di grandezza minore di quella della sabbia, il processo di drenaggio, e quindi il processo di compattazione, è molto più lento negli acquitardi che negli acquiferi.
Si consideri la sezione verticale mostrata in Figura 8.34. Un pozzo di estrazione con una portata Q viene alimentato da due acquiferi separati da un acquitardo di spessore b.
Si assuma che la geometria sia radialmente simmetrica e che le trasmissività dei due acquiferi siano identiche. Gli abbassamenti nel tempo del carico idraulico negli acquiferi (che potrebbero essere dedotte applicando la teoria degli acquiferi semiconfinati) saranno identici nei punti A e B. Si considerino gli abbassamenti del carico idraulico nell’acquitardo lungo la linea AB sotto l’influenza degli abbassamenti del carico idraulico negli acquiferi nei punti A e B. Se hA(t) e hB(t) sono approssimati mediante funzioni a gradino con un passo Δh (Figura 8.34), il processo di drenaggio dell’acquitardo può essere associato al problema al contorno unidimensionale e in condizioni transitorie descritto nel Paragrafo 8.3 e presentato dall’Eq. (8.21). La condizione iniziale è h = h0 lungo AB e le condizioni al contorno sono h = h0 – Δh nel punto A e nel punto B per ogni t > 0. Una soluzione a questo problema al contorno è stata ottenuta da Terzaghi (1925) nella forma di un’espressione analitica per h(z, t). Una presentazione grafica accurata della sua soluzione appare in Figura 8.17. Il diagramma centrale a destra di Figura 8.34 è una rappresentazione schematica della sua soluzione; esso mostra il declino nel tempo del carico idraulico agli istanti di tempo t0, t1 . . . , t ∞ lungo la linea AB. Per ottenere risultati quantitativi per un caso particolare è necessario conoscere lo spessore b’, la conducibilità idraulica K’, la comprimibilità verticale α’, e la porosità n’ dell’acquitardo, insieme all’abbassamento del carico idraulico ai bordi Δh.
Nella meccanica dei suoli il processo di compattazione associato al drenaggio di uno strato di argilla è noto come consolidamento. Gli ingegneri geotecnici hanno verificato che per molti tipi di argilla α nβ, quindi l’ultimo termine dell’Eq. (8.21) viene di solito omesso. I parametri rimanenti sono di solito raggruppati in un singolo parametro cv, definito come
(8.73)
Il carico idraulico h(z, t) può essere calcolato dalla Figura 8.17 con l’aiuto dell’Eq. (8.23) dati cv, Δh e b.
Per calcolare la compattazione dell’acquitardo dati gli abbassamenti del carico idraulico in ogni punto sulla linea AB in funzione del tempo, è necessario ricordare la legge dello sforzo efficace: σT = σe + p. Per σT = constante, dσe = -dp. Nell’acquitardo l’abbassamento del carico idraulico in un qualsiasi punto z tra gli istanti di tempo t1 e t2 (Figura 8.34) è dh = h1(z, t1) – h2(z, t2). Questo abbassamento crea una diminuzione della pressione del fluido: dp = ρg dψ = ρg d(h – z) = pg dh e la diminuzione della pressione del fluido comporta un aumento dello stress efficace dσe = -dp. La variazione dello stress efficace, agendo attraverso la comprimibilità dell’acquitardo α’, causa una compattazione dell’acquitardo Δb’. Per calcolare Δb’ lungo AB tra gli istanti di tempo t1 e t2 è necessario dividere l’acquitardo in m fette. Poi, dall’Eq. (2.54),
(8.74)
dove dhi è l’abbassamento medio del carico idraulico nella i-esima fetta.
Per un sistema multi-acquifero con diversi pozzi di estrazione, la subsidenza del terreno nel tempo è data dalla somma delle compattazioni di tutti gli acquitardi e gli acquiferi. Una trattazione completa della teoria del consolidamento è presente in molti volumi di meccanica dei suoli (Terzaghi & Peck, 1967; Scott, 1963). Domenico & Mifflin (1965) sono stati i primi ad applicare queste soluzioni ai casi di subsidenza del terreno.
È ragionevole chiedersi se la subsidenza del terreno possa essere arrestata iniettando nuovamente acqua nel sistema. In principio questo potrebbe aumentare la conducibilità idraulica degli acquiferi, veicolare l’acqua verso gli acquitardi e causare un’espansione sia degli acquiferi che degli acquitardi. Nella pratica questo approccio non è particolarmente efficace perché la comprimibilità degli acquitardi in espansione è circa un decimo di quella in compressione. Uno schema di iniezione ben riuscito è quello realizzato nel campo petrolifero di Wilmington a Long Beach, in California (Poland & Davis, 1969). La ripressurizzazione del bacino petrolifero è iniziata nel 1958 e dal 1963 si è verificata una modesta risposta in una porzione dell’area, mentre i tassi di subsidenza sono diminuiti in tutte le altre zone.
Misure di campo della subsidenza del terreno
Se ci fossero dei dubbi sulla teoria di compattazione degli acquitardi, essi verrebbero sciolti esaminando i risultati raggiunti nell’ultimo decennio dal gruppo di ricerca sulla subsidenza del Servizio Geologico degli Stati Uniti d’America (U.S. Geological Survey). Sono stati condotti degli studi di campo in diverse aree soggette a subsidenza in California e le loro misure hanno fornito conferme delle relazioni che intercorrono tra gli abbassamenti del carico idraulico, la compattazione degli acquitardi e la subsidenza del terreno.
La Figura 8.35 riporta, sulla base di misure geodetiche, i valori di subsidenza del terreno nella Santa Clara valley durante il periodo 1934–1960. La subsidenza è confinata all’area sottostante i depositi inconsolidati di origine alluvionale e marina. I centri di subsidenza coincidono con i centri di maggiore estrazione e lo sviluppo della subsidenza coincide con il periodo di popolamento della regione e con un aumento degli utilizzi delle acque sotterranee.
La conferma quantitativa della teoria è fornita dai risultati mostrati in Figura 8.36. Un’installazione semplice per rilevare i tassi di compattazione [Figura 8.36 (a)] produce un grafico dell’aumento nel tempo della compattazione totale di tutti i materiali tra la superficie del terreno e il fondo del foro.
Vicino Sunnyvale nella Santa Clara valley, sono stati installati tre di questi apparecchi a diverse profondità in un sistema acquifero confinato [Figura 8.36 (b)]. La Figura 8.36 (c) mostra la compattazione e la subsidenza totale del terreno misurate in un punto di riferimento vicino e la conducibilità idraulica misurata tra 250 m e 300 m di profondità in un pozzo presente nel sito. Gli abbassamenti del carico idraulico sono accompagnati dalla compattazione. Gli innalzamenti del carico idraulico sono accompagnati dalla diminuzione dei tassi di compattazione, ma non ci sono ripercussioni evidenti. In questo sito “è stato dimostrato che la subsidenza del terreno è uguale alla compattazione degli acquiferi entro la profondità intercettata dai pozzi e l’abbassamento del carico idraulico artesiano è la sola causa di subsidenza” (Poland & Davis, 1969, p. 259).
Riley (1969) ha notato che i dati mostrati in Figura 8.36 (c) possono essere visti come il risultato di una prova di consolidamento su larga scala. Se si rappresenta la diminuzione del volume di un acquitardo causata dalla subsidenza del terreno in funzione delle variazioni dello stress efficace dovuto all’abbassamento del carico idraulico, è possibile calcolare la comprimibilità media e la conducibilità idraulica verticale media dell’acquitardo. Helm (1975, 1976) ha sfruttato questi concetti nei suoi modelli numerici di subsidenza in California.
È anche possibile sviluppare modelli previsionali che mettano in relazione i tassi di estrazione in un sistema acquifero-acquitardo ai tassi di subsidenza risultanti. A tal fine, Gambolati & Freeze (1973) hanno progettato un modello matematico a due passi. Nel primo passo (il modello idrologico) gli abbassamenti regionali del carico idraulico vengono calcolati per una sezione verticale bidimensionale ideale in coordinate radiali, utilizzando un modello che risolve un problema al contorno basato sull’equazione di flusso delle acque sotterranee in condizioni transitorie. Le soluzioni sono state ottenute con il metodo numerico agli elementi finiti. Nel secondo passo della procedura di modellazione (il modello di subsidenza) gli abbassamenti del carico idraulico determinati dal modello idrologico per i diversi acquiferi vengono utilizzati come condizioni al contorno variabili nel tempo in un insieme di modelli di consolidamento verticale unidimensionali applicati ad una rappresentazione geologica più dettagliata di ogni acquitardo. Gambolati et al. (1974a, 1974b) hanno applicato il modello per eseguire delle previsioni sul fenomeno di subsidenza a Venezia, in Italia. Le misure recenti riassunte da Carbognin et al. (1976) verificano la validità del modello.
8.13 Intrusione salina
Nel caso di estrazioni di acque sotterranee da acquiferi che sono in connessione idraulica con il mare, i gradienti che si instaurano possono indurre un flusso di acque salate dal mare verso il pozzo. Questa migrazione di acque salate negli acquiferi di acque dolci sotto l’influenza delle estrazioni è nota come intrusione salina.
Come primo passo verso la comprensione della natura dei processi coinvolti, è necessario esaminare la natura dell’interfaccia acqua dolce-acqua salata negli acquiferi costieri in condizioni naturali. Le prime analisi sono state eseguite in maniera indipendente da due scienziati Europei (Ghyben, 1988; Herzberg, 1901) intorno alla fine del secolo. Le loro analisi tengono conto di semplici condizioni idrostatiche in un acquifero costiero omogeneo e non confinato. Essi hanno dimostrato [Figura 8.37 (a)] che l’interfaccia che separa l’acqua salata di densità ρs e l’acqua dolce di densità ρf si proietta nell’acquifero ad un angolo α < 90°.
In condizioni idrostatiche il peso di una colonna unitaria di acqua dolce che si estende dalla tavola d’acqua all’interfaccia è bilanciato da una colonna unitaria di acqua salata che si estende dal livello del mare alla stessa profondità del punto posto sull’interfaccia. Con riferimento alla Figura 8.37 (a) si ha
(8.75)
oppure
(8.76)
Per ρf = 1.0 e ρs = 1.025,
(8.77)
L’Equazione (8.77) è nota come relazione di Ghyben-Herzberg.
Per una variazione di quota della tavola d’acqua, Δzw, dall’Eq. (8.77) si ha che Δzs = 40 Δzw. Se la tavola d’acqua in un acquifero costiero non confinato si abbassa di 1 m, la quota dell’interfaccia acqua dolce-acqua salata aumenta di 40 m.
In situazioni reali la relazione di Ghyben-Herzberg sottostima la profondità dell’interfaccia acqua dolce-acqua salata. Quando il flusso di acqua dolce è verso il mare, le assunzioni idrostatiche dell’analisi di Ghyben-Herzberg non sono soddisfatte. Una rappresentazione più realistica è stata fornita da Hubbert (1940) nella forma della Figura 8.37 (b) nel caso di un deflusso verso il mare in condizioni stazionarie. La posizione esatta dell’interfaccia può essere determinata per una qualsiasi configurazione della tavola d’acqua costruendo graficamente le linee di flusso e tenendo conto delle relazioni mostrate in Figura 8.37 (b) per quanto riguarda l’intersezione delle curve equipotenziali sulla tavola d’acqua e sull’interfaccia.
I concetti riportati in Figura 8.37 non riflettono la realtà per un altro aspetto. Sia l’analisi idrostatica che quella stazionaria assumono che l’interfaccia che separa l’acqua dolce dall’acqua salata in un acquifero costiero è un confine netto. In realtà si verifica un miscelamento di acqua dolce e acqua salata in una zona di diffusione intorno all’interfaccia. La dimensione di questa zona è controllata dalle proprietà di dispersione degli strati geologici. Laddove la zona è ristretta, considerare un’interfaccia netta può fornire delle previsioni soddisfacenti sulla direzione del flusso dell’acqua dolce, ma una zona di diffusione estesa può alterare il flusso e la posizione dell’interfaccia, fattori che devono essere presi in considerazione. Henry (1960) è stato il primo a presentare una soluzione matematica per il caso stazionario considerando anche la dispersione. Cooper et al. (1964) hanno fornito un riepilogo delle diverse soluzioni analitiche.
L’intrusione salina può essere indotta sia negli acquiferi non confinati che in quelli confinati. La Figura 8.38 (a) fornisce una rappresentazione schematica del cuneo salino che si estende in un acquifero confinato in condizioni di deflusso naturale stazionario. Le estrazioni [Figura 8.38 (b)] fanno sì che si instauri un flusso transitorio che porta ad un abbassamento della superficie potenziometrica nell’acquifero confinato e una migrazione verso l’entroterra dell’interfaccia acqua dolce-acqua salata. Pinder & Cooper (1970) hanno presentato un metodo matematico numerico per il calcolo della posizione transitoria del fronte di acqua salata in un acquifero confinato. La loro soluzione tiene conto della dispersione.
Uno degli acquiferi costieri più studiati in Nord America è l’acquifero di Biscayne, nel sud-est della Florida (Kohout, 1960a, 1960b). Si tratta di un acquifero non confinato di calcare e arenaria calcarea che si estende fino ad una profondità media di 30 m sotto il livello del mare. I dati di campo indicano che il fronte di acqua salata subisce variazioni transitorie della posizione sotto l’influenza della ricarica stagionale e delle conseguenti fluttuazioni della tavola d’acqua. Lee & Cheng (1974) e Segol & Pinder (1976) hanno simulato delle condizioni transitorie nell’acquifero di Biscayne con dei modelli numerici agli elementi finiti. Sia i dati di campo che i modelli numerici confermano la necessità di considerare la dispersione nelle analisi in condizioni stazionarie e transitorie. La natura della dispersione nel flusso di acque sotterranee verrà considerata più nel dettaglio nel Capitolo 9 nel contesto della contaminazione delle acque sotterranee.
Todd (1959) ha sintetizzato cinque metodi che sono stati considerati per controllare l’intrusione di acqua salata: (1) riduzione o riorganizzazione degli schemi di estrazione delle acque sotterranee, (2) ricarica artificiale dell’acquifero mediante bacini di ricarica o pozzi di ricarica, (3) sviluppo di una depressione indotta da estrazione adiacente alla costa per mezzo di una serie di pozzi di estrazione paralleli alla linea di costa, (4) sviluppo di un alto piezometrico adiacente alla costa per mezzo di una serie di pozzi di ricarica paralleli alla linea di costa, (5) costruzione di una barriera artificiale sotto-superficiale. Tra queste cinque alternative, solo la prima è risultata efficace ed economica. Sia Todd (1959) che Kazmann (1972) hanno descritto l’applicazione del concetto dell’alto piezometrico nell’acquifero di Silverado, un acquifero sabbioso-ghiaioso, non consolidato e confinato nel bacino costiero di Los Angeles, in California. Kazmann conclude che il progetto è stato tecnicamente un successo, ma l’aspetto economico resta motivo di dibattito.
Letture consigliate
BOUWER, H., and R. D. JACKSON. 1974. Determining soil properties. Drainage for Agriculture, ed. J. van Schilfgaarde. American Society of Agronomy, Madison, Wis., pp. 611–672.
COOPER, H. H. JR., F. A. KOHOUT, H. R. HENRY, and R. E. GLOVER. 1964. Sea water in coastal aquifers. U.S. Geol. Surv. Water-Supply Paper 1613C, 84 pp.
FERRIS, J. G., D. B. KNOWLES, R. H. BROWNE, and R. W. STALLMAN. 1962. Theory of aquifer tests. U.S. Geol. Surv. Water-Supply Paper I536E.
HANTUSH, M. S. 1964. Hydraulics of wells. Adv. Hydrosci., 1, pp. 281–432.
KRUSEMAN, G. P., and N. A. DE RIDDER. 1970. Analysis and evaluation of pumping test data. Intern. Inst. for Land Reclamation and Improvement Bull. 11, Wageningen, The Netherlands.
NEUMAN, S. P., and P. A. WITHERSPOON. 1969. Applicability of current theories of flow in leaky aquifers. Water Resources Res., 5, pp. 817–829.
POLAND, J. F., and G. H. DAVIS. 1969. Land subsidence due to withdrawal of fluids. Geol. Soc. Amer. Rev. Eng. Geol., 2, pp. 187–269.
PRICKETT, T. A. 1975. Modeling techniques for groundwater evaluation. Adv. Hydrosci., 11, pp. 46–66, 91–116.
REMSON, I., G. M. HORNBERGER, and F. J. MOLZ. 1971. Numerical Methods in Subsurface Hydrology. Wiley Interscience, New York, pp. 56–122.
STALLMAN, R. W. 1971. Aquifer-test design, observation and data analysis. Techniques of Water Resources Investigations of the U.S. Geological Survey, Chapter B1. Government Printing Office, Washington, D.C.
YOUNG, R. A., and J. D. BREDEHOEFT. 1972. Digital computer simulation for solving management problems of conjunctive groundwater and surface-water systems. Water Resources Res., 8, pp. 533–556.
Problemi
-
- Dimostrare, mediante analisi dimensionale dell’Eq. (8.6), che u è adimensionale.
- Dimostrare, mediante analisi dimensionale dell’Eq. (8.7), che W(u) è adimensionale.
- Dimostrare che i valori dei coefficienti A e B nelle Eq. (8.38) e (8.39) sono corretti per il sistema ingegneristico di unità comunemente utilizzato in Nord America, in cui i volumi sono misurati in galloni statunitensi.
- Un pozzo estrae acqua da un acquifero infinito, orizzontale, confinato, omogeneo e isotropo con una portata costante di 25 ℓ/s. Se T è pari a 1.2 × 10–2 m2/s ed S è pari a 2.0 × 10–4, effettuare i seguenti calcoli.
- Calcolare l’abbassamento del carico idraulico che si verificherebbe in un pozzo di osservazione posto a 60 m dal pozzo di estrazione dopo 1, 5, 10, 50 e 210 min rispetto all’inizio del pompaggio. Riportare su un grafico logaritmico i valori calcolati di h0 – h in funzione di t.
- Calcolare l’abbassamento del carico idraulico che si verificherebbe in una serie di pozzi di osservazione posti a distanza di 1 m, 3 m, 15 m, 60 m, e 300 m dal pozzo di estrazione dopo 210 min rispetto all’inizio del pompaggio. Riportare su un grafico semi-logaritmico i valori calcolati di h0 – h in funzione di r.
- Un acquifero confinato con T = 7.0 × 10–3 m2/s ed S = 5.0 × 10–4 viene sfruttato mediante due pozzi distanti tra loro 35 m. Un pozzo estrae con una portata di 7.6 ℓ/s e l’altro con una portata di 15.2 ℓ/s. Graficare l’abbassamento del carico idraulico h0 – h in funzione della posizione lungo la linea che unisce i due pozzi dopo 4 ore rispetto all’inizio del pompaggio.
- Perché una prova di portata di 10 giorni è migliore di una prova di portata di 10 ore?
- Perché il coefficiente di immagazzinamento di un acquifero non confinato è molto maggiore di quello di un acquifero confinato?
- Che tipo di disposizione sarebbe necessaria durante una prova di portata per determinare la posizione esatta di un bordo verticale, rettilineo e impermeabile?
- Elencare le ipotesi alla base della soluzione Theis.
- Disegnare due grafici che mostrino approssimativamente la forma che ci si aspetterebbe per la curva di abbassamento del carico idraulico nel tempo per un acquifero confinato se:
- L’acquifero si estende verso ovest.
- Le formazioni confinanti sovrastanti sono impermeabili, ma le formazioni sottostanti sono semiconfinate.
- Il pozzo di estrazione si trova vicino ad una faglia in connessione idraulica con un canale superficiale.
- Il pozzo si trova sulla riva di un estuario.
- La pompa si rompe a metà del test.
- La pressione barometrica aumenta in corrispondenza del sito in cui viene eseguita la prova di postata.
-
- Riportare su un grafico logaritmico i valori di u rispetto a W(u) presenti in Tabella 8.1. È necessario riportare solo i valori che si trovano nell’intervallo 10–9 < u < 1.
- Riportare questi stessi valori su un grafico logaritmico di 1/u in funzione di W(u).
- Lo spessore di un acquifero orizzontale, confinato, omogeneo e isotropo di estensione areale infinita è di 30 m. Un pozzo estrae con una portata costante di 0.1 m3/s per 1 giorno. Gli abbassamenti del carico idraulico riportati nella tabella allegata sono stati osservati in un pozzo di osservazione posto a 90 m dal pozzo di estrazione. Calcolare la trasmissività e il coefficiente di immagazzinamento utilizzando:
- Il metodo Theis mediante grafico logaritmico [utilizzando la curva ottenuta nel Problema 6 (b)].
- Il metodo Jacob mediante grafico semi-logaritmico.
t (min) | h0 – h (m) | t | h0 – h | t | h0 – h | t | h0 – h |
1 | 0.14 | 7 | 0.39 | 40 | 0.66 | 100 | 0.81 |
2 | 0.22 | 8 | 0.40 | 50 | 0.70 | 200 | 0.90 |
3 | 0.28 | 9 | 0.42 | 60 | 0.71 | 400 | 0.99 |
4 | 0.32 | 10 | 0.44 | 70 | 0.73 | 800 | 1.07 |
5 | 0.34 | 21 | 0.55 | 80 | 0.76 | 1000 | 1.10 |
6 | 0.37 | 30 | 0.62 | 90 | 0.79 |
- Un acquifero omogeneo, isotropo e confinato, ha uno spessore di 30.5 m e un’estensione orizzontale infinita. Un pozzo estrae con una portata costante di 38 ℓ/s. L’abbassamento del carico idraulico registrato in un pozzo di osservazione posto a 30.5 m dal pozzo di estrazione dopo 200 giorni è di 2.56 m.
- Si assuma un valore ragionevole per il coefficiente di immagazzinamento e si calcoli la trasmissività T per l’acquifero.
- Calcolare la conducibilità idraulica e la comprimibilità dell’acquifero. (Assumere valori ragionevoli per qualsiasi parametro sconosciuto).
-
- Un pozzo estrae da un acquifero orizzontale, confinato, omogeneo e isotropo con una portata di 15.7 ℓ/s. La tabella allegata riporta l’abbassamento del carico idraulico registrato in un pozzo di osservazione posto a 30 m dal pozzo di estrazione. Riportare questi dati su un grafico semi-logaritmico e utilizzare il metodo Jacob sui primi dati per calcolare T ed S.
- Che tipo di confine è indicato dall’interruzione della pendenza? Misurare la pendenza dei due tratti e notare che il secondo tratto ha una pendenza doppia del primo tratto. In questo caso, quanti pozzi immaginari sono necessari per ottenere un acquifero equivalente di estensione infinita? Disegnare schematicamente una possibile configurazione con un pozzo di estrazione, dei pozzi immaginari e un confine e specificare se i pozzi immaginari sono pozzi di estrazione o di ricarica.
t (min) | h0 – h (m) | t | h0 – h | t | h0 – h | t | h0 – h |
11 | 2.13 | 21 | 2.50 | 52 | 3.11 | 88 | 3.70 |
14 | 2.27 | 28 | 2.68 | 60 | 3.29 | 100 | 3.86 |
18 | 2.44 | 35 | 2.80 | 74 | 3.41 | 112 | 4.01 |
130 | 4.14 |
- La porzione rettilinea di un grafico semi-logaritmico che riporta gli abbassamenti del carico idraulico nel tempo registrati da un pozzo di osservazione posto a 200 piedi da un pozzo di estrazione (Q = 500 U.S. gal/min) in un acquifero confinato passa per i punti (t = 4 × 10–3 giorni, h0 – h = 1.6 piedi) e (t = 2 × 10–2 giorni, h0 – h = 9.4 piedi).
- Calcolare Ted Sper l’acquifero.
- Calcolare l’abbassamento che si verificherebbe ad una distanza di 400 piedi dal pozzo di estrazione dopo 10 h dall’inizio del pompaggio.
-
- La conducibilità idraulica di un acquifero confinato di 30 m di spessore è nota dai test di laboratorio (4.7 × 10–4 m/s). Se la porzione rettilinea di un grafico di Jacob semi-logaritmico passa per i punti (t = 10–3 giorni, h0 – h = 0.3 m) e (t = 10–2 giorni, h0 – h = 0.6 m) per un pozzo di osservazione posto a 30 m da un pozzo di estrazione, calcolare la trasmissività e il coefficiente di immagazzinamento dell’acquifero.
- Su quale intervallo di tempo è valido il metodo di analisi di Jacob per questo pozzo di osservazione in questo acquifero?
- Si richiede di progettare una prova di portata per un acquifero confinato in cui la trasmissività è di circa 1.4 × 10–2 m2/s e il coefficiente di immagazzinamento è di circa 1.0 × 10–4. Quale portata di estrazione si raccomanda per la prova di portata se si desidera ottenere un abbassamento del carico idraulico di almeno 1 m dopo 6 h in un pozzo di osservazione posto a 150 m dal pozzo di estrazione?
-
- A Venezia (in Italia) si è registrato un tasso di subsidenza di 20 cm in 35 anni; A San Jose (in California) si è registrato un tasso di subsidenza di 20 piedi in 35 anni. Elencare le condizioni idrogeologiche che queste due città hanno in comune (in quanto entrambe hanno subito subsidenza) e commentare come queste condizioni possano differire (per tenere conto della grande differenza nella subsidenza totale).
- I seguenti dati sono stati ottenuti da un test di consolidamento in laboratorio su un campione con una sezione trasversale di 100.0 cm2 prelevata da sedimenti di argilla confinante a Venezia. Calcolare la compressibilità del campione in m2/N che si applicherebbe in corrispondenza di uno sforzo effettivo di 2.0 × 106N/m2.
- Calcolare il coefficiente di compressibilità, av, e l’indice di compressione, Cc, per questi dati. Scegliere un valore di Krappresentativo di un’argilla e calcolare il coefficiente di consolidamento, cv.
Forza (N) 0 2000 5000 10,000 15,000 20,000 30,000 Porosità 0.98 0.83 0.75 0.68 0.63 0.59 0.56
- Si propone di costruire un bacino artificiale vicino al bordo di una scogliera. I depositi geologici sono non consolidati, con sabbie e argille intercalate. La tavola d’acqua si trova ad una notevole profondità.
- Quali sono i possibili impatti negativi del bacino?
- Elencare in ordine e descrivere brevemente i metodi di esplorazione consigliati per chiarire la geologia e l’idrogeologia del sito.
- Elencare quattro possibili metodi che potrebbero essere utilizzati per determinare le conducibilità idrauliche. Quali sono i metodi più ragionevoli da utilizzare? I meno ragionevoli? Perché?
- Un campione cilindrico indisturbato di terreno alto 10 cm e con un diametro di 5 cm pesa 350 g. Calcolarne la porosità.
- Se il livello dell’acqua in un piezometro di diametro 5 cm recupera il 90% del suo abbassamento in 20 ore, calcolare K. L’opera di presa è lunga 0.5 m e ha lo stesso diametro del piezometro. Supporre che siano soddisfatte le ipotesi alla base del metodo di Hvorslev.
- Supponiamo che la curva granulometrica della Figura 8.25 (a) sia spostata di un’unità φ verso sinistra. Calcolare la conducibilità idraulica del terreno in base alla relazione di Hazen e alle curve di Masch e Denny.
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- Sviluppare l’equazione alle differenze finite in condizioni transitorie per un nodo interno di una griglia tridimensionale, omogenea e isotropa con Δx = Δy = Δz.
- Sviluppare l’equazione alle differenze finite in condizioni transitorie per un nodo adiacente ad un confine impermeabile in un sistema bidimensionale omogeneo e isotropo con Δx = Δy.
- Utilizzare l’approccio semplice illustrato nel Paragrafo 8.8.
- Utilizzare l’approccio più sofisticato illustrato in Appendice IX.
- Si assuma che siano commercialmente disponibili dei resistori nel range 104–105 Ω e dei condensatori nel range 10–12–10–11 F. Scegliere un set di fattori di scala per la simulazione analogica di un acquifero con T ≈ 105 U.S. gal/giorno/piedi ed S ≈ 3 × 10–3. L’acquifero è di circa 10 miglia quadrate e sono previsti abbassamenti del carico idraulico di 10 piedi per oltre 10 anni in risposta a portate di estrazione totali fino a 106 U.S. gal/giorno.